17 NOVEMBRE 2007 ore 20.30
NEVER SAY DIE! CLUB TOUR:
COMEBACK KID, PARKWAY DRIVE, CANCER BATS, THE WARRIORS, THIS IS HELL, HIGH FIVE DRIVE
ROCK PLANET – Pinarella di Cervia (RA) ingresso: 17 euro
“Hardcore goes to the masses” (“L’Hardcore per le masse”).
Questa è stata la primissima impressione, quando ho solcato le porte del Rock Planet. Serata fredda, quella del 17 Novembre. O, almeno, serata fredda fino a che non si entra nel locale che è straordinariamente stipato di gente (di tutti i generi), come non se ne vedeva da un bel po’. Sarà la stessa gente che è venuta a riscattarsi dopo il semi-deludente “evento” dei Bring Me The Horizon di qualche mese fa?
Ad ogni modo, 17 euro per 6 gruppi…prezzo onesto (visto il numero dei gruppi) ma che, almeno personalmente, fa rimpiangere i tempi in cui i concerti non costavano più di 25.000 lire. Un po’ meno onesto (o, se vogliamo, intelligente) è invece la disorganizzazione totale del locale, del reparto guardaroba, dei prezzi da rapina a mano armata, ma nessuno dice nulla, e quindi…
Entro al Rock Planet, dicevo, quando gli High Five Drive sono sul punto di concludere la loro esibizione. Dalla gente sento dire che è stato un concerto nella media. Senza infamia, né lode, insomma. Il gruppo californiano, autore di un punk-rock/hardcore un po’ anonimo, è però giovane, ed avrà modo di farsi notare in un prossimo futuro, se lo vorrà.
Seguono i This Is Hell, ma la situazione non cambia poi di molto. Con i newyorkesi ci si sposta decisamente sul fronte hardcore, con le parti vocali cantate costantemente in screaming. Ciò che non convince, anche in questo caso, è la somiglianza fra un pezzo e l’altro. Cosa che, per il genere, sembra essere un male diffuso e praticamente incurabile.
Dopo circa mezz’ora salgono sul palco i The Warriors, e qui succede ciò che non ci si aspetta. Il genere che propongono, di per sé, non lascerebbe presagire nulla di buono in quanto ad originalità, ed invece… è una miscela fra l’hardcore di nuova scuola (vicino al metal-core), cori di massa in sottofondo (come, guarda caso, i Comeback Kid e molti altri prima di loro, sanno fare) e un po’ di crossover alla Rage Against The Machine. Veloci, decisi, convincenti e bravi animali da palco. La loro miscela è anche etnica, data la presenza di due componenti dai chiari tratti orientali e altrettanti dai tratti ispanici. Concludono la loro prestazione (decisamente sopra la media rispetto a quanto proposto sino ad ora) con la cover di “Bulls On Parade” dei sopracitati Rage Against The Machine, e la folla (o, almeno, parte di essa) è in delirio.
La scaletta ora prevede i Cancer Bats. Il gruppo canadese, forte dell’esperienza maturata (anche in Italia) durante questi anni, fra i quali spicca il tour come gruppo spalla per i Rise Against, suona veloce e convince. Trasformando quella che è l’attesa del pubblico per i veri protagonisti della serata in un intermezzo piacevole e coinvolgente, si guadagnano il palco e fanno divertire.
Fra l’esibizione dei Cancer Bats, e quella dei Parkway Drive passa un po’ più tempo del solito. Segno, forse, che le cose migliori vanno fatte con più cura del normale. Devo confessare che quella dei Parkway Drive è stata una prestazione atipica. Uno dei pochi casi di gruppo che, seppur (ancora una volta personalmente) non mi esalti più di tanto su disco, dal vivo riesce a rendere molto di più. La folla è adeguatamente divisa fra loro e i Comback Kid, ma è indubbio che tutti partecipino alla “festa” e si lancino nel pogo scatenatosi al centro della pista del locale. Un concerto veramente ottimo che comincia con le parole del cantante “Good evening, we’re Parkway Drive. Let’s go.”, pronunciate in maniera seria e solenne, e che finisce con la gente che, sudata come in pochi altri casi, non vede l’ora di allontanarsi dalla prima fila per tutti le spinte che ha ricevuto. Parlare di tecnica, per gruppi del genere, è inutile. Ciò che è certo è che i Parkway Drive hanno mantenuto le alte aspettative che li attendevano.
Last but not least, signore e signori, i Comeback Kid. I canadesi, orfani da qualche mese del cantante, punto forte della band per il particolare timbre vocale, sembrano non rimpingerlo, nè farlo rimpingere più di tanto. E’ così che comincia uno dei concerti più attesi della stagione. Con “False Idols Falls” a scandire il battito del cuore dei presenti, e a comandarlo idealmente. Passando dai pezzi che hanno fatto la (breve, ma buona) storia dei Comeback Kid, da ambedue gli album precedenti a “Broadcasting”, album che, se su disco appare più “calmo” del solito, dal vivo diventa animato, veloce, persino violento alle volte. Durante tutto lo show il pubblico, salta, si agita, fa stage diving, pogo, moshipit e chi più ne ha più ne metta. Dopo circa 40 minuti, però, è tempo di chiudere, e così, con l’esecuzione di quella che è un po’ la “hit” del gruppo, “Wake the Dead”, finisce lo show. Non prima, però, di aver invitato tutto il pubblico a salire sul palco per una canzone corale.
Perché l’hardcore, si sa, è partecipazione.
Zummic