Negli ultimi anni – a costo di sembrare arteriosclerotico lo ripeto come un mantra, ma in verità tutto questo nasconde, forse male, entusiasmo ed un pizzico d’orgoglio – la scena estrema italiana è cresciuta tantissimo: dai primi zozzi vagiti di certo brutal, alla nuova stagione del grind, ora, in linea con una corrente decisamente più globale, emergono le band d’ispirazione hardcore che amano mischiare momenti post ad elementi black metal. Nel Bel Paese, e non solo, per moltissimi kids, i triestini The Secret sono già un riferimento; ciò non toglie che, grosso modo in contemporanea, la presenza di queste band abbia aperto le porte ad altri gruppi ispirati dall’idea di tinteggiare con colori scuri e ventate di zolfo tutto ciò che è –core. Ma per i biellesi O non è così: attivi da diversi anni sotto il monicker di Deprogrammazione (uno dei nomi grindcore piemontesi che, credo, solo i veri appassionati ricorderanno), quest’estate, via Grindpromotion, hanno fatto uscire il loro primo album Il Vuoto Perfetto, lasciando la loro pesante impronta in un panorama che s’accinge ad affollarsi. Tra l’altro, distinguendosi per personalità ed attitudine: elementi tutt’altro che clonabili, anche qualora, in maniera un po’ (troppo) adolescenziale, ci si buttasse alla cieca in un trend musicale, credendo che quella sia la propria ragione di vita. Preso atto di tutto questo, la voglia e la necessità d’un’intervista erano nell’aria e gli O si sono prestati al nostro gioco, rispondendo con la medesima “coralità circolare” che li distingue su disco: che diavolo avrò voluto dire? Leggere per credere!
Ciao ragazzi! Come vanno le cose? Siete una band al disco d’esordio, per cui, portate pazienza, ma vi tocca la domanda di rito: potreste parlare di com’è nata la band?
Ciao! La nostra band è nata nell’aprile del 2010, ma tutti noi del gruppo ci conosciamo e siamo amici già da diversi anni. La nostra idea di partenza è stata quella di formare una band che suonasse “musica estrema”, senza porci troppe domande su quale specifico genere volessimo suonare. Il nostro sound è, tutt’ora, in continua evoluzione, alla ricerca di una propria strada. La nostra prima uscita è stata il nostro split 7’’ con gli amici Hungry Like Rakovitz, uscito l’anno scorso. Successivamente abbiamo fatto un po’ di concerti in giro per l’Italia ed abbiamo avuto la fortuna di poter suonare con Napalm Death, Unsane, The Secret, Big Business, Forgotten Tomb… E tante altre band fra le più interessanti del panorama Italiano. Siamo approdati al full length Il vuoto perfetto quest’estate uscito sotto la label nostrana Grindpromotion.
Perché il bizzarro monicker ‘O’? Trovare le vostre pagine virtuali via Google è un’impresa che rasenta l’impossibile… L’avete fatto anche per questo?
La questione della difficoltà di ricercare il nostro nome su Google (una vera missione impossibile) è stato un punto su cui abbiamo molto discusso. Ci siamo resi conto fin da subito che la scelta era anti-web ma fra le nostre priorità c’era un nome che ci convincesse al 100% per il suo significato e non un nome scelto con il criterio di avere visibilità su internet. Internet è un mezzo che nulla aggiunge alla nostra musica e sarebbe stupido piegarsi alla sua logica ottusa e limitante! Scegliere una lettera dell’alfabeto – o, per essere più precisi, seguendo le nostre intenzioni, un “segno grafico” – è stata di certo una scelta rischiosa, in un universo di lettere e numeri come il web ma non abbiamo resistito al fascino di questo simbolo arcaico e atavico, ai suoi significati densi e complessi. Ha anche un che di primitivo, proprio come la nostra musica. Ma non vogliamo dare troppe interpretazioni… La sua bellezza risiede proprio nell’essere, al contempo, così semplice e così complesso. Un segno.
Parlando de Il Vuoto Perfetto, emerge una cura estetica che va ben oltre la musica: essa, infatti, va a braccetto con l’artwork, perfetto e di grande efficacia comunicativa nel suo essere minimale. Sembrerebbero elementi che vi potrebbero ricongiungere, idealmente, a certe avanguardie del primo Novecento, piuttosto che degli anni Sessanta, nelle quali le varie arti erano complementari e non a sé stanti. Come mai quest’idea? Per voi quant’è importante l’artwork, in un disco?
L’artwork è una componente a dir poco fondamentale. Siamo convinti che sia una parte integrante della musica, che non solo può “rendere l’idea” di un disco, ma anche influenzarlo. Senza risalire a dischi storici dalle copertine leggendarie (gli esempi si sprecano), penso anche a tempi più recenti, allo straordinario artwork di Paracletus dei Deathspell Omega: quella copertina dai colori infernali, che non solo “illustra”, ma “immaginariamente” ci fa sprofondare negli abissi di quella musica demoniaca. Per Il vuoto perfetto abbiamo scelto una foto (anzi, una lastra fotografica) di fine Ottocento trovata in un mercatino nel nord della Francia, in cui sono ben evidenti i segni del tempo. Un tempo che inghiotte persone e che crea un vuoto affascinante. È un’immagine che ci è sembrata perfetta per legarsi visivamente al concetto de Il vuoto perfetto, pur nella sua semplicità (giustamente hai parlato anche tu di minimalismo!) sprigiona sensazioni e fa riflettere.
A distanza di qualche mese, potreste dirci come sta andando l’album? Fin dove v’ha portato, dal punto di vista delle vendite, nonché da quello dei live?
Il riscontro di un’uscita underground come la nostra è di certo un processo lento. Il disco è uscito quest’estate, e con il tempo sta iniziando ad “ingranare”, sia a livello di vendite (che però non curiamo al 100% noi, ma ci organizziamo con l’ etichetta), sia di recensioni (che, possiamo dirlo senza modestia, stanno andando tutte molto bene!). Anche sul livello live, le cose stanno iniziando a girare: ci hanno contattato per qualche festival underground e per qualche data all’estero, e speriamo che la nostra sia una strada in ascesa!
Il vostro disco è uscito sotto Grindpromotion: a mio parere, e non solo, si tratta d’una delle label underground più attive in Italia. Come è avvenuto l’aggancio? Pensate di collaborare con quest’etichetta ancora in futuro? In che rapporti siete col suo owner, Matteo Guerra?
Conoscevamo l’etichetta e Matteo già da molto tempo, e lo abbiamo sempre stimato per l’impegno che ci mette in un vero e proprio “lavoro”, che molti in Italia prendono sottogamba. Siamo quindi stati felicissimi che abbia accettato di contribuire alla produzione del nostro primo album: ha creduto nel nostro lavoro, e tutt’ora continua a supportarci e promuoverci seriamente!
Il vostro sound è decisamente particolare ed evocativo, fra sfumature atmosferiche e sfuriate adrenaliniche, pur restando, alla fine, heavy music: è un lavoro corale, che tocca tanto i pattern batteristici, quanto le chitarre, quanto gli arrangiamenti di basso, quanto la voce (che, personalmente, adoro: complimenti al vostro S!). Per voi, quanto è importante, in musica, esprimere il maggior numero possibile di sfaccettature?
La cosa che noti – e che ci fa veramente piacere – è, secondo me, consequenziale al fatto che, nel gruppo, non c’è un singolo “artefice” delle canzoni, ma i contributi provengono da tutti. Certo, la canzone può partire da un singolo riff, da un testo, oppure anche da un tempo di batteria, ma nessuno arriva mai in sala prove con una canzone fatta e finita: anzi, per ogni canzone c’è una lunga discussione (che si può protrarre anche per settimane). Parallelamente, nessuno strumento ha mai “la meglio” su di un altro. Pur avendo cercato di dare maggior risalto, nel caso de Il vuoto perfetto, alle chitarre, non è vero che queste siano “più” fondamentali di qualche altro strumento. Tutto è incanalato per creare (o almeno cercare di avere) un wall of sound, che, sì, presenta anche sfumature (per fortuna!), ma che mai scadono nel virtuosismo di un singolo strumento.
Quali sono i vostri ascolti preferiti e le vostre influenze? Quali band vi hanno “iniziato” a certa musica?
La band che ci ha iniziato in senso “comunitario” (cioè, che ha segnato un po’ tutti da giovani) sono di certo i Cripple Bastards. Credo infatti che tutt’ora concepiamo la nostra musica sotto un’ottica più hardcore che metal. Questo non vuol dire che, quel grande “calderone” che è il metal, non ci abbia influenzato… anzi! Praticamente tutti siamo da sempre appassionati al black metal più grezzo e radicale. Siamo anche degli amanti dei Converge e dello stile unico di Kurt Ballou (il disco Jane Doe è stato, e continua ad essere, un vero capolavoro!). Poi però i nostri ascolti si rivolgono anche fuori dal panorama unicamente hardcore e metal: ci piace il jazz, il noise-rock, la new wave, la psichedelia, lo shoegaze…. Ovviamente, tutto questo non può rientrare nel sound degli O, ma di sicuro ci serve a non mettere i paraocchi, e a guardarci continuamente attorno.
Sempre restando nell’argomento ‘modelli ed influenze’, mi viene da pensare come, negli ultimi anni, siano emerse un sacco di band che mischiano grind, hardcore, post-core, crust e simili ad atmosfere black metal (The Secret, Lamantide, Iskra, Splitter…): in taluni casi, s’è creato un vero e proprio trend, con tutte le conseguenze del caso, nel bene e nel male. Voi che avete un background ed una credibilità figlia d’una certa tradizione grind – penso al vostro passato, neanche troppo remoto, come Deprogrammazione – come vedete tutto questo?
Capiamo cosa intendi, quando parli di “trend”. La stessa cosa è accaduta con il post-metal di derivazione “Isis”, che fino a qualche anno fa imperversava un po’ ovunque… Tutti usavano vagonate di delay e suonavano (noiosamente) monocorde e lentissimi. Ora come ora quel movimento si sta letteralmente affossando. La stessa cosa potrebbe accadere un domani con il black-crust-grind: tanti cloni mediocri abbassano la qualità di un intero genere. E’ innegabile che ad oggi le nostre sonorità siano sdoganate ma ciò non è necessariamente un male, l’importante è sapersi evolvere e non fossilizzarsi nella brutta copia di se stessi. Quando parli di “credibilità”, possiamo dire senza vergogna, che già con i Deprogrammazione, anche se in maniera mooolto grezza, avevamo tentato di unire il grindcore con il black metal, per tanto non siamo sicuramente il frutto dell’ultimo trend del momento. Magari tra un mese o tra un anno questo calderone core/grind/black sarà un “genere” che non piacerà più, ma noi cerchiamo di non preoccuparci troppo di finire in questo o quel filone musicale anche perché siamo un essere in continua mutazione.
Visto che li abbiamo appena citati, cosa v’ha portato a mutarvi da Deprogrammazione a O?
Non ci siamo “mutati”, semplicemente non suoniamo più con il cantante dei Deprogrammazione, e abbiamo voluto fare un gruppo, nuovo in tutto e per tutto, lasciandoci il passato alle spalle.
Quali sono i vostri sogni di band? Fino a dove vorreste portare la creatura O?
Due sono le cose a cui teniamo di più: concerti e dischi (come, credo, ogni band)! Ci auspichiamo di fare tante date, anche in giro per il mondo, e continuar a sfornare dischi, speriamo, sempre migliori. Anche se per molti sono solo urla e rumore ci mettiamo il cuore in quello che facciamo e per le nostre possibilità, cerchiamo di impegnarci al massimo…. Siamo convinti che con lavoro e passione possiamo realizzare i nostri obbiettivi.
Bene, ragazzi. L’intervista si conclude qua. Grazie per le vostre risposte ed il vostro tempo. In bocca al lupo per ogni cosa! Dateci secco!!
Siamo noi che ringraziamo te e tutta la redazione di Grind On The Road, webzine che seguiamo molto volentieri. Speriamo di sentirci in qualche altra occasione! Prima di salutarci, vogliamo lasciare i nostri contatti:
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