(Hydra Head, 2012)
1. Grand Inversion
2. Common Species
3. Regain / Rejoin
4. To Carry The Flame
5. The Forking Path
6. Shadowed Hand
7. Rats
8. Crescent
9. Shuddering Earth
Per chi non lo sapesse, gli Old Man Gloom sono un supergruppo postcore formato da Aaron Turner (Isis e tantissimi altri progetti), Nate Newton (Converge), Caleb Scofield (Cave In) e Santos Montano (Zozobra). Trovatisi assieme nel 1999, i quattro hanno scritto pagine importanti in un genere che solo qualche anno dopo avrebbe cominciato ad essere sistematicamente sfruttato, lasciandoci almeno due dischi di elevatissimo spessore, ovvero Seminar II e soprattutto l’EP Seminar III, entrambi del 2001. Poi, dopo il buon Christmas, un silenzio di otto anni, che termina ora con questo No.
Qualcuno potrebbe vedere in questo disco un’operazione “furba”, vista la popolarità che sta avendo il genere in questo periodo, ma onestamente Turner non ci sembra il tipo da simili ruffianate (probabilmente cambieremo idea quando resusciterà la sua band principale) e in ogni caso il qui presente No ci sembra un album genuino e ispirato, che trasuda un’urgenza espressiva quasi palpabile, carico di una violenza che evidentemente l’ex frontman degli Isis non è riuscito a convogliare interamente negli Split Cranium e negli altri progetti a cui ha preso parte negli ultimi anni. Allo stesso modo, a Scofield non sarà bastato il bellissimo ritorno sulle scene (White Silence, dello scorso anno) dei suoi Cave In, mentre Newton avrà avuto bisogno di “scaldarsi” un po’ prima dell’uscita dell’imminente nuovo parto dei Converge.
Tutti questi ipotetici (ma non troppo) fattori hanno dato vita all’album più diretto e violento che gli Old Man Gloom abbiano mai tirato fuori: No non sarà ispirato come i primi inarrivabili lavori, ma l’aver ridotto all’osso i “cazzeggi ambient / noise” (che comunque permangono in “Shadowed Hand” e nei pezzi più lunghi della tracklist) e gli splendidi manierismi di cui avevano ampiamente abusato in passato ha portato i quattro a comporre un disco piuttosto diverso dai precedenti, che magari strizza un po’ l’occhio ai fan più recenti del cosiddetto “post metal”, ma che in fondo si pone una spanna sopra la maggior parte delle uscite odierne in questo ambiente. La triade “Regain / Rejoin” / “To Carry The Flame” / “The Forking Path” (i pezzi più brevi e immediati del lotto) potrebbe finire direttamente in un immaginario “manuale del postcore anni Duemila”, per la semplicità della ricetta utilizzata ma anche per la maestria evidente con cui vengono maneggiati tutti gli ingredienti necessari. Non è difficile intuire quali siano le principali influenze degli Old Man Gloom, anche perché si parla soprattutto di gruppi con membri degli stessi OMG: si sentono chiaramente echi dei Converge più “razionali”, così come reminescenze degli Isis del periodo The Mosquito Control / The Red Sea (e di conseguenza pure degli immancabili Godflesh, specialmente in “Rats”).
Tuttavia, la cosa più evidente è che No è un disco 100% Old Man Gloom, che nonostante la “concorrenza” ha tutte le carte in regola per piacere parecchio a tutti i fan del genere e magari, chissà, per invitarli anche a riscoprire un po’ il passato. Non pensiamo che per questo disco valga la massima “se non ci fosse il loro nome sopra sarebbe un disco come tanti”. La mano di abilissimi compositori c’è e si sente, No è decisamente una spanna sopra la maggior parte delle uscite che affollano oggigiorno il panorama post; in molti dovrebbero studiare da questi maestri.
7.5