(Cyclone Empire 2014)
1. Disquisition of the Burning
2. Among the Falling Stones
3. A Waltz Pervers
4. Somnolent Despondency
5. Resurrectum
I tedeschi Ophis con il loro doom / death hanno deciso, fin dalla loro nascita nel 2002 e per tutto il loro percorso discografico, di darsi un’incredibile missione: quella di far calare sul mondo l’oscurità. In una buona parte ci sono riusciti con i due precedenti full-length, diretti e senza fronzoli: parliamo di Stream Of Misery del 2007 e Whitered Shades del 2010. Con questo Abhorrence In Opulence, complice forse anche il cambio di etichetta, le intenzioni si son fatte ancora più serie.
La timbrica delle chitarre è dolorosa, drammatica e triste, gli Ophis creano riff immensi riuscendo ad alternare passaggi melodici e pungenti ad altri più avvolgenti e soffocanti. Esemplificativa in questo senso è “Disquisition Of The Burning”, che con i suoi tristissimi quindici minuti riesce non solo a far piangere le chitarre, ma persino l’ascoltatore che di fronte a tale magniloquenza non può che rimanere inerme, sentendosi raggelare il sangue nelle vene mentre in sottofondo risuonano strazianti urla e scomode campane fanno capolino alla fine del pezzo. “Resurrectum” comincia con un incedere decisamente ipnotico, che pian piano scompare per lasciare il posto agli incisivi e tombali riff tipici della band. Citiamo infine “Among The Falling Stone”, che dopo un avvio lento e incisivo si trasforma in una marcia funebre dettata dal rullante e da una malinconica chitarra che sul finale, insieme ad archi e violini, regala eleganti stratificazioni sonore di rara fattura. La batteria nei momenti più distesi detta il lugubre passo con cadenze pesanti e marcate, mentre nei brevi passaggi in cui gli Ophis premono sull’acceleratore (su tutte si veda “Somnolent Despondency”) si lancia in azzeccate sfuriate in pieno death old school. Decisamente apprezzabile anche il growling catacombale e bestiale di Philipp Kruppa, valore aggiunto di un meraviglioso album doom / death senza dubbio da avere per tutti coloro che si nutrono di questi generi e che hanno voglia di spingersi oltre ai soliti canoni.
La sensazione ascoltando questo lavoro è quella di avere davanti una band che, tassello dopo tassello, ha saputo assimilare la lezione dei vecchi maestri del genere (My Dying Bride, Evoken e Winter) facendone tesoro e cercando di inserire una personale impronta riflessiva e suggestiva. Abhorrence In Opulence è un grande album, funereo e lapidario, che cresce ascolto dopo ascolto prendendo per mano e accompagnando l’ascoltatore in luoghi oscuri e imprevisti, sicuramente capace di dare maggiore visibilità agli Ophis, che già oggi giustamente condividono lo stesso palco di gente del calibro di Evoken ed Esoteric. Se cercate un album doom / death di notevole spessore, che vi metta alla prova e che sorpassi nella vostra collezione svariati lavori prodotti in questo ambito negli ultimi tempi, andate sul sicuro col nuovo capolavoro degli Ophis.
8.5