(Century Media, 2012)
1. Solitary One
2. Crucify
3. Fear Of Impending Hell
4. Honesty In Death
5. Theories From Another World
6. In This We Dwell
7. To The Darkness
8. Tragic Idol
9. Worth Fighthing For
10. The Glorious End
Viviamo in un mondo in cui i simboli hanno un’enorme importanza. Basta guardare la copertina di Tragic Idol, nuovo album dei leggendari Paradise Lost, per capire molte cose sulla musica contenuta in esso. Il logo della band è lo stesso che appariva sulle copertine di Icon e Draconian Times, due capolavori assoluti che non possono mancare nella collezione di dischi di ogni amante del gothic metal che si rispetti, accanto ad un The Angel And The Dark River o un The Silent Enigma, tutti album di band che hanno fatto la storia di uno dei generi più importanti dell’heavy metal (ma anche uno dei più orrendamente deturpati negli anni Novanta e Duemila).
E’ bellissimo poter parlare ancora nel 2012 di un nuovo album dei Paradise Lost, il tredicesimo, e soprattutto poter parlarne bene. Dopo aver fondato un genere e, come tutti i veri grandi, aver provato a distaccarsene con eleganza (lo “scandaloso” Host, a nostro parere, è un grandissimo disco), dal 2005 la band di Halifax col monumentale album omonimo, un capolavoro del livello dei lavori storici, è tornata a insegnare al mondo cosa vuol dire davvero gothic metal, e senza mai risultare ripetitiva o cadere nell’autocitazionismo ha continuato a offrire al mondo prodotti di altissima qualità, dotati di una rinnovata linfa vitale e capaci di risultare estremamente moderni e facilmente fruibili nonostante poggino su basi quasi “antiche”.
Qualcuno però poteva avere qualche preoccupazione su Tragic Idol: è noto che Greg Mackintosh, storico chitarrista e compositore della band, è recentemente uscito sul mercato con A Fragile King dei suoi Vallenfyre, ed era lecito temere che dopo aver scaricato tutta la sua rabbia in questo progetto old school death metal (di ottima qualità tra l’altro!) il nuovo parto della sua band principale risultasse meno incisivo dei precedenti. I fans possono stare tranquilli, Greg dimostra per l’ennesima volta di essere un artista dalla creatività inestinguibile, naturalmente dotato di grande gusto melodico e di uno stile riconoscibile e personale: i brani di Tragic Idol sono facilmente memorizzabili in pochi ascolti, e per di più la qualità media delle composizioni è decisamente più alta rispetto al precedente Faith Divides Us – Death Unites Us, che viveva di alcuni brani davvero belli ma che non era capace di mantenere alta l’attenzione per tutta la sua durata.
Viene davvero difficile citare un brano piuttosto che un altro, e ci chiediamo piuttosto come potrebbe essere stilata oggi una setlist per uno show dei Paradise Lost: i primi quattro brani ad esempio non sfigurerebbero affatto accanto ai classici del passato, così come la bellissima titletrack, ma in generale anche dopo ripetuti ascolti non riusciamo a trovare un pezzo brutto in questo Tragic Idol. In ogni brano poi spicca in maniera notevole la voce di Nick Holmes, la cui ugola sembra ringiovanire col tempo; non aspettatevi ovviamente un ritorno al growl, ma l’espressività della voce del biondo singer è ancora capace di raggiungere vette che i suoi colleghi (e colleghe) più giovani non possono neanche sognare, perché al lavoro svolto su sé stesso da Holmes si aggiunge il carisma e l’estrema credibilità di cui è da sempre dotato.
In breve, se conoscete e apprezzate da sempre i Paradise Lost non resterete delusi da questo nuovo full-length, un lavoro che porta in maniera indelebile il loro inconfondibile marchio di fabbrica; tuttavia, anche se non avete mai seguito o recuperato le gesta dello storico combo di Halifax, questo album potrebbe anche aprirvi le porte di un mondo troppo frainteso e sottovalutato negli ultimi anni. Tragic Idol è l’ennesima opera eccezionale di una band che da più di vent’anni continua a sfornare grandi dischi, cadendo in pochissimi passi falsi; una band che, una volta di più, siamo contenti di esaltare. Immortali.
7.5