(Hell Headbangers Records, 2014)
1. Portal – Trapezohedon
2. Blood Of Kingu – Destroyer Of Everything Infinite and Timeless
Tornati in auge l’anno scorso col più che gradevole Vexovoid, i Portal si rendono protagonisti dopo un anno di una collaborazione con gli ucraini Blood of Kingu, per questo split che ha tanto il sapore della manovra “spilla soldi” ai collezionisti. Spieghiamoci meglio.
Dunque, i blacksters ucraini se ne sono appena usciti col nuovo disco in agosto, pregevole e godibile da ascoltare, mentre i Portal l’anno scorso ci hanno devastato i padiglioni auricolari con Vexovoid. Fin qui nulla di strano, fatto sta che da una parte il brano dei Blood of Kingu non è altro che una continuazione di Dark Star On The Right Horn Of The Crescent Moon, tant’è che non avrebbe minimamente sfigurato se fosse stato inserito nel platter uscito ad agosto, mentre il contributo degli australiani si limita ad una presumibile ri-registrazione (anche se parlando dei Portal non se ne può mai essere certi) di un vecchio brano ritrovato nei meandri della follia di Horror Illogium e The Curator.
Tralasciando i pensieri negativi in merito a tale uscita (anche se il fatto che si tratti di un 7’’ continua a farci propendere verso tale soluzione) lo split non si rivela sgradevole. Certamente se si fosse trattato di uno split di due band esordienti solo un brano a testa sarebbe parso insufficiente per un qualsivoglia giudizio, invece trattandosi delle band citate sopra il lavoro assume invece il gusto della curiosità. Per quel che riguarda gli australiani abbiamo la possibilità di ascoltare un primo indizio del seme della follia che ha garantito loro un seguito corposo, e a dirla tutta se non fosse stato per le info allegate avremmo tranquillamente pensato ad un inedito dei nostri, e questo la dice lunga considerando la carriera dei suddetti. Possiamo infatti notare come la matrice sperimentale e violenta del sound dei nostri si stesse già delineando nei tempi dispari e nei suoni confusi ma ipnotici, la voce elaborava già quel trademark imprescindibile e l’atmosfera aveva già quei mirabili rimandi alle produzioni horror ante guerra in cui il bianco e nero aveva il sapore della poeticità e della professionalità. Visionari già allora, potremmo dire.
Per i Blood of Kingu il discorso cambia: la loro formula musicale, unente black e death in una formula tendente alla sostanza più che ai virtuosismi, si fa sempre apprezzare, e rimane ancora forte il loro legame con le sonorità e la mitologia sumerica, nonché un particolare gusto per quel sound possente, oscuro e catacombale (per quanto veloce ed annichilente) che richiama ogni volta alla mente le follie di Lovecraft.
Insomma, niente di imprescindibile ma indubbiamente una chicca per i fan dei gruppi citati, e volendo potrebbe fungere anche da buon aperitivo per coloro che vorrebbero avere un idea in merito a cosa questi gruppi propongano, ma non ci sentiamo di definire il lavoro un caposaldo né tantomeno un qualcosa di immancabile. Per fan e curiosi insomma.
6.5