(Argonauta Records, 2014)
1. [|]
2. Enclosure
3. Life Habitual
4. Persistent
5. [/]
6. Existence
7. Gloaming
La giovane etichetta italiana Argonauta Records ci ha ormai abituati a produzioni di alto livello qualitativo. Questa volta ci regala Life Habitual, debutto dei Selva, band formatasi in quel di Lodi nel 2013; l’album è stato pubblicato a ottobre dell’anno scorso e a quanto pare il livello qualitativo è stato ampiamente mantenuto anche questa volta.
L’anima di questo disco è variopinta: dopo una breve intro si entra a piè pari in un lavoro ricco di quegli spunti e influenze che negli ultimi anni sono entrati in contatto con l’esigenza di mantenere una certa delicatezza melodica e nel contempo seguire strade che non si discostino da certe sonorità estreme a volte totalmente estranee al concetto stesso di delicatezza. Esempi lampanti sono Alcest, Lantlòs, Lifelover e Deafheaven, tanto per citarne alcuni, ma non abbiamo certo intenzione di mettere a confronto i lodigiani coi nomi sopracitati che, nonostante alcuni punti in comune siano ben percepibili, hanno una loro anima ben definita e quel tocco tutto italiano che non può non piacerci. Le melodie di Life Habitual sono struggenti, afflitte ma per niente stucchevoli, sorrette da una sezione ritmica di tutto rispetto che svolge il difficile lavoro di spostare tutto il carico melodico in sfuriate black metal e massacranti blast beat mai forzati capaci di alzare il livello emozionale, scuotendo l’ascoltatore dentro e fuori il proprio guscio fisico; insomma, non si sta parlando dell’ennesimo dischetto melodrammatico da quattro soldi. Considerando che i Selva sono in tre (basso, chitarra e batteria, con le voci affidate alle due asce) bisogna tenere in considerazione una costruzione compositiva più immediata e semplice, nella quale gli strumenti sono pienamente sfruttati senza scadere in noiose virate acustiche o in un uso smodato di effetti a riempire vuoti incolmabili. Possiamo quindi ben dire che questo album è a suo modo completamente ‘’in your face’’, nonostante le considerevoli melodie presenti. Life Habitual nasconde una personalità grunge, retaggio forse di quelle influenze anni Novanta che contraddistinguono quest’ultima generazione di musicisti che hanno, a volte inconsciamente, elaborato e ricodificato molti stili di quel periodo.
Data la mancanza di lungaggini noiose e fuori luogo Life Habitual è consigliato anche a chi non gradisce troppo composizioni per lo più basate sull’armonia: qui si spinge sempre sull’acceleratore, delicatamente magari, ma si va veloci, si mena quando c’è da picchiare e soprattutto quello che si sente è tutto vero, frutto di una personalità già ben sviluppata nonostante si tratti di un esordio.
7.5