(Moonlight Records, 2012)
1. In The Darkness
2. May You Rest In Slowmo
3. (Day) Eye
4. Square The Circle
Nati nel 2005, dopo vari cambi di formazione (più che mai ordinari) e di natura puramente stilistica, gliShinin’ Shade approdano tra le fila della Moonlight Records nel 2009, con la quale incidono un ep lo stesso anno e un full lenght (2010). Miscelando con astuzia diversi ingredienti, evitando di creare un calderone confuso e stracolmo di spunti abortiti (impresa non da poco), la band riesce a sviluppare sonorità sicuramente originali, ma soprattutto di impatto.
Quattro brani per un (relativamente) breve ma intensissimo viaggio tra le pieghe di un sound dalle mille sfaccettature, ricco di spunti notevoli ma allo stesso tempo assolutamente inquadrabile: siamo a cavallo tra lo stoner più diretto e acido e psichedelia di (prevedibile ma non banale) settantiana memoria, il tutto arricchito da un’intenzione sinistra e inquieta. La ricchezza di dissonanze, melodie irregolari e oblique non presenta intenti sperimentali (nell’accezione moderna del termine), preferendo richiamare un certo progressive rock di matrice “oscura”, se non la scuola dei grandi gruppi dediti al rock pseudo-satanico della fine degli anni ‘60 (dai Coven ai Black Widow). Non mancano leggerissime tendenze bluesy nei fraseggi chitarristici e vocali (ascoltare in proposito “Square The Circle”): è proprio questa componente che, seppur presente in minima parte, rimanda direttamente allo stoner rock più classico e retrospettivo. A metà tra Black Sabbath (inevitabile nominarli quando si analizzano lavori del genere) e Electric Wizard si staglia una sezione ritmica ricca di groove mefitico, essenziale e precisa; i riff provengono direttamente dalla scuola di Sabbath Bloody Sabbath, senza però scadere nell’imitazione (ascoltare in proposito l’ottima“May You Rest In Slowmotion”). Convincente la performance della voce femminile, sicuramente da considerare come uno dei punti di forza del giovane combo: in particolare ascoltando “In The Darkness”, opener dell’album, viene spontaneo il paragone con Alia O’Brien, voce dei grandiosi Blood Ceremony, timbricamente differente ma concettualmente affine.
Gli Shinin’ Shade sono una realtà valida e interessante, accessibile ad un vasto pubblico, dall’appassionato di progressive rock a quello di metal estremo; la varietà di soluzioni adottate in questo Slowmosheen risulta comunque riconducibile ad un intento chiaro, evitando di precipitare nel limbo delnon-genere (ultimamente tanto agognato quanto spietato). A questo punto non ci resta che sentire di più.
7.5