Due settembre 2011, in una calda serata di fine estate sulla Riviera Romagnola passano gli svedesi Shining, impegnati nel tour di produzione dell’ultimo VII: Född Förlorare, uscito quest’anno. A supportarli tre gruppi più o meno locali: Abaton, Sedna e Eloa Vadaath; ci scusiamo con questi ultimi ma nessuno della redazione è riuscito a vederli, anche perché, a causa del post serata previsto dal locale, i concerti sono iniziati davvero prestissimo. Ecco dunque il resoconto di una serata potenzialmente molto interessante dal punto di vista musicale… Peccato che, alla fine dei conti, non sia andata nel migliore dei modi secondo chi vi scrive.
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Davvero coinvolgente la performance del combo cesenate Sedna. I quattro offrono uno show pregno di atmosfere doom-black a tinte sludge, show coadiuvato da un comparto sonoro d’eccellenza: notevole infatti la potenza sonora sprigionata sul palco, grazie a dei suoni bilanciati con cura e volumi ben calibrati dove uno strumento non va a sovrastare un altro; è piacevole vedere che una band emergente possa godere di un lavoro lodevole da parte del fonico. Nella mezz’ora a disposizione la band mette sul piatto un live “mangia-anime” intriso di malessere e agonia (molto teatrale e in linea con le atmosfere sofferenti la prova del vocalist Crisa, che a piedi e dorso nudi finirà lo show con petto e ventre completamente segnati da graffi auto inflittosi), in cui il pubblico, seppur non numeroso, rimante totalmente rapito ed ipnotizzato dal male a cui stava assistendo. In bilico tra la piacevole sensazione nel vedere una band così valida e il marciume della sofferenza che abbiamo provato nell’assistere alle loro atmosfere speriamo di avere presto tra le mani un EP o un album di questi Sedna.
ABATON – a cura di Ico
E’ la terza volta in meno di un anno che vediamo su un palco gli Abaton, e possiamo dire senza ombra di dubbio che quella di questa serata è stata sicuramente la loro miglior prestazione tra quelle che abbiamo visto, e che i cinque forlivesi sono migliorati tantissimo in questo arco di tempo. Sicuramente non mancavano gli stimoli: suonare prima di un gruppo del calibro degli Shining non è un’opportunità che capita tutti i giorni ad una band che suona insieme da così poco tempo, e in più gli Abaton hanno sfruttato la serata anche come “release party” del loro primo parto discografico, l’ep Hecate (del quale troverete molto presto la recensione su queste pagine). Facile immaginare dunque da quali brani sarebbe stata composta la setlist del concerto: alcuni dei brani dell’EP vengono suonati dagli Abaton fin dagli inizi della loro carriera, ma al giorno d’oggi suonano molto diversamente rispetto ad un anno fa. Se una volta i romagnoli erano più vicini ad una fusione tra il black e l’hardcore con momenti (troppo) sconnessi di melodia e atmosfera, è chiaro come oggi siano arrivati ad un temporaneo punto d’arrivo. Ora la componente doom nell’Abaton-sound è più che mai evidente: i pezzi iniziano per lo più con un passo lento e tenebroso, le atmosfere cupe non sono più dovute solo da giri di chitarra un po’ “oscuri” ma da una propensione generale degli strumentisti a creare atmosfere opprimenti proprie del doom metal. Non mancano certo le accelerazioni “black-core” (definizione molto in voga, tanto terribile che ancora nemmeno Wikipedia s’è permessa di adottare), nelle quali emerge ancora il problema principale della band: le voci. Per carità, si sente che i due cantanti stanno molto lavorando per diversificare il più possibile le loro tonalità, anche nei momenti in cui si sovrappongono, ma finora, almeno dal vivo, ci si chiede ancora se davvero sia necessario cantare in due. C’è da dire, però, che da quanto abbiamo potuto constatare finora ascoltando l’ep, in studio le differenze si notano maggiormente. In ogni caso, il pubblico (oltre alla prima fila di scalmanati amici del gruppo) sembra apprezzare abbastanza lo show, e non è poco considerando la diversità di quest’ultimo dal concerto che si sarebbe svolto poco dopo…
SHINING – a cura di Ico
Avevamo sentito varie voci sull’instabilità mentale di Niklas Kvarforth, e di concerti ne abbiamo visti in abbondanza, ma per quanto potessimo essere preparati sarà difficile dimenticare il nostro primo (e, speriamo, ultimo) concerto degli Shining. Detto subito di suoni assolutamente non all’altezza del concerto (paradossalmente, hanno avuto suoni migliori i supporters degli headliner), e di un pubblico mai arrivato ad un numero sufficiente (per fortuna), in teoria non potremmo lamentarci dell’esecuzione dei brani e della setlist in particolare; siamo tra quelli che preferiscono gli ultimi album del gruppo (Halmstad su tutti), e in generale i brani in cui alle raffiche black metal si alternano momenti doom o anche intermezzi di archi o semplicemente atmosferici. Sono stati proposti vari brani dell’ultimo, zoppicante, Född Förlorare, così come del suddetto Halmstad, e in generale tutti i pezzi sono stati eseguiti con professionalità dai 4 impeccabili strumentisti, tutti in camicia e qualcuno in occhiali da sole (?), attentissimi a non rubare la scena alla vera star, Niklas appunto. E’ questo il problema degli Shining, il loro malato leader. Da un punto di vista “tecnico”, le sue vocals strazianti sono una peculiarità e un punto di forza del gruppo, su disco come su un palco, dove il growl del cantante assume una potenza anche maggiore. Peccato che Niklas Kvarforth sia, seriamente, un malato mentale, a cui non dovrebbe essere permesso girare per l’Europa a far concerti. Perché lo spettacolo che inscena va oltre il concerto, oltre lo show, oltre la rappresentazione di un personaggio dannato, oltre alle esagerazioni per bambini. Appena entrato, il matto si spegne una sigaretta sul braccio; più avanti, quando si toglierà la maglietta, vedremo bruciature su tutto il corpo. Poi, dopo pochi minuti, si accovaccia contro la batteria, spalle al pubblico, e mentre pensi che si droghi (ma non escludiamo che l’abbia fatto), quello che fa? Con una lametta si taglia i polsi, ed emerge brandendo il microfono mentre il sangue gli cola dalle mani, e gli spettatori nelle prime file si esaltano come tifosi in uno stadio, esaltandosi sempre più quando il malato (non abbiamo altri aggettivi) ripete l’operazione. Il concerto va avanti sempre e comunque, l’esecuzione dei brani non peggiora, nonostante, oltretutto, il frontman sia sempre più ubriaco. E dopo averne pensate di tutti i colori sulla sua sanità mentale, ci vien quasi da ridere quando, per l’ennesima volta, si avvicina alla bottiglia e un membro della booking agency gli fa segno di smettere. Lui, annuendo, prende una bottiglietta d’acqua, e noi non possiamo far altro che provare una pena infinita per un uomo che, nel suo mostrarsi misantropo, diverso e misterioso, si dimostra solo terribilmente infantile.
Possiamo dunque parlare di un bel concerto? Onestamente no. Al di là di tutto, durante il concerto abbiamo sentito più volte l’impulso di uscire dal locale, per prendere le distanze dalle gesta di un malato mentale e delle persone che inneggiavano alla sua malattia più che alla sua musica. Lo schifo provato per Niklas Kvarforth è mille volte superiore alla sua musica, che prima di vederlo apprezzavamo. Questo bambino alcolista e malato dovrebbe essere aiutato.