(self-production, 2013)
1. Grinding Ages
2. Turmoil
3. Catharsis
4. The World I Never Knew
5. Waiting for What?
6. Hypochrist
7. Life Rules
8. Live Hard, Die Harder
9. Beware What You Wish
10. Repelling Rumors
11. Individual Community
12. Dissonance
13. Real Ties
14. Vida e Morte
Dal Brasile, terra consumisticamente nota per sole, spiagge e divertimenti d’ogni tipo, ma anche area di scandalose contraddizioni fra ricchissimi e miserrimi, nonché recentissimo Paese ospitante della Giornata Mondiale della Gioventù (tranquilli: di quella, nessun live report!; ndR), ecco una potenziale nuova colonna sonora estiva: nessun “Tagatà” a questo giro, ma grindcore randellante, in your face e decisamente metal oriented!
Questi, infatti, sono gli ingredienti dei Siege of Hate, quartetto brasilero attivo dal 1997, da sempre, per motivi etico-musicali, schierato per l’autoproduzione. Il loro terzo full length, Animalism, però, per quanto mi riguarda, rappresenta la mia prima esperienza sonora nei loro confronti. Esperienza positiva, tra l’altro: il loro nuovo album, infatti, contiene quattordici songs tutto sommato divertenti e gode d’una produzione equilibrata, reale, aggressiva nell’enfatizzare le chitarre taglienti – decisamente Nineties! –, adatta a sottolineare il buon lavoro del batterista – non il classico ‘centimane’ di scuola brutal death, ma un ragazzo capace d’adoperare con cognizione gusto, tecnica e precisione – ed ad esaltare le voci dei due axemen, due screamings complementari rabbiosi, vari ed evocativi.
Non c’è da gridare al miracolo, sia chiaro; ciononostante Animalism non è un disco per soli trve grinders, poiché, qua e là, pur nel suo essere piuttosto derivativo (sovrabbondano i riferimenti ai Napalm Death ed ai Ratos de Porao – questi ultimi, per altro, plagiati in un paio di riff nella canzone migliore del lotto, “Beware What You Wish”), talora ha soluzioni abbastanza personali e chiunque abbia un orecchio piuttosto rodato per l’estremo ‘a tutto tondo’ non faticherà a trovare quelle trovate, ora ritmiche, ora vocali, ora chitarristiche, che tocchino le sue corde. Il groovy death metal à la Obituary, qualche riffone epico à la Deicide e qualche sberla dei vecchi Sepultura sono la componente metal dei Siege of Hate, alla quale fa da contraltare il già citato background più hardcore di gente come Napalm Death, Ratos de Porao e Disrupt: difficile, dunque, trovare una song che emerga fra le altre, benché tutte quante un po’ di sano headbanging lo stimolino.
Quando, però, i quattro cariocas osano qualcosa di più, uscendo leggermente dal seminato del Sacro Canone Old School Death-grind, ottengono i risultati migliori: adoro, infatti, l’atmosfera furentissima black-thrash (primi Sodom e Kreator, ma anche Blasfemia, se vogliamo stare in America Latina) di alcuni pezzi (“Catharsis” su tutti), o l’omaggio al grind/crust-core svedese presente su “Life Rules”, ma anche i momenti post-core e le trovate à la Fuck the Facts di “Live Hard, Live Harder”. Perché, dunque, visti gli ottimi mezzi e le buone basi, non provare a fare un passo più lungo della gamba, magari in vista d’una prossima uscita?
6.5