(Season of Mist, 2014)
1. Lágnætti
2. Ótta
3. Rismál
4. Dagmál
5. Miðdegi
6. Nón
7. Miðaftann
8. Náttmál
I Sólstafir hanno fatto molta strada nei loro quasi vent’anni di attività: partiti come band viking black metal (essendo islandesi l’associazione è quasi ovvia) hanno a poco a poco allentato la tensione per intraprendere un viaggio di ricerca stilistica e musicale, arrivando a scoprire nuove terre poco esplorate, come fecero i loro avi secoli orsono. Con il loro penultimo album, Svartir Sandar, sembrano sbarcati in un territorio a loro consono, tanto che la loro ultima fatica, intitolata Ótta, non si discosta molto dalle sonorità che caratterizzavano l’album del 2011.
Anche stavolta le atmosfere sono quelle di una band che affronta il proprio cammino a colpi di mazza ferrata e ascia, ma ciò che arriva alle nostre orecchie è qualcosa di maturo e ponderato, personale e ricco di passione e calore, un post metal mescolato a shoegaze e rock cantato rigorosamente in islandese, uno dei tratti che può ricordare il sound dei Sigur Rós, loro conterranei. L’album è piacevolmente scorrevole, tutte le tracce si legano insieme come un’onda fluida, regalando molti momenti di perdizione; citarne alcuni sarebbe quasi una mancanza di rispetto, dato che tutti gli otto brani hanno un loro carattere distintivo e mancano di pecche evidenti. Sicuramente dall’inizio della loro carriera i Sólstafir hanno fatto passi da giganti, che li hanno portati oggi a regalarci un disco che, anche se complesso nei concetti, è facilmente ascoltabile e apprezzabile ai più, caratteristica sicuramente positiva, non tanto perché consente alla band di ampliare giustamente il proprio target, quanto perché i risultati di questa ricerca di sonorità meno complesse e più d’impatto sono innegabilmente ottimi.
I Sólstafir insomma dimostrano di muoversi sempre più a loro agio in questo territorio da poco scoperto e riescono a non deludere né i fan di lunga data né i nuovi fruitori, offrendo un lavoro ben eseguito e ricco di calore.
7.5