(Sepulchral Productions, 2013)
1. Des Épaves;
2. Étrangleurs de Soleils;
3. Brumes;
4. Au Flambeau;
5. L’Éther;
6. La Disparition;
7. Effondrement
Abbiamo parlato di striscio dei Sombres Forêts relativamente all’ultima uscita dei conterranei Gris, notando come entrambi abbiamo proceduto da percorsi comuni fino a fondersi nel progetto Miserere Luminis, che ha notevolmente influenzato la stesura di À l’Âme Enflammée, l’Äme Constellée... Ora, per quanto riguarda Sombres Forêts, possiamo dire che ci troviamo di fronte, anche in questo caso, ad un passato più che promettente (Quintessence e Royaume De Glace, non originalissimi e non ai livelli di Il Était une Forêt…, ma sicuramente due ottimi album) il cui seguito ha disperso un po’ le aspettative che nutrivamo verso di esso.
Le problematiche che abbiamo evidenziato in sede di recensione dei Gris inevitabilmente si rispecchiano anche in casa Sombres Forêts: le maggiori cura e attenzione verso la produzione e la composizione trovano il loro contrappasso in una vena quasi progressiva che discende direttamente da Miserere Luminis e in un’incapacità quasi epidemica di riuscire a coinvolgere chi ascolta. Sicuramente l’approccio di La Mort du Soleil è più post rock di quanto lo sia À l’Âme Enflammée, l’Äme Constellée... (“L’Éther”, i crescendo di “La Disparition” o “Étrangleur de Soleils”, ma anche il piano e la delicatezza di “Au Flambeau”), ma questo non basta a rendere il disco più apprezzabile di quest’ultimo. Davvero non c’è molto altro da dire, forse le mie orecchie sono sature di quel sapore americano che spesso si insinua nel black metal da qualche anno, o più semplicemente questa non è la stagione adatta per ascolti di questo genere, ma arrivare fino in fondo a La Mort du Soleil per me è un’impresa.
La Mort du Soleil farà la gioia di chi necessariamente deve cogliere un’evoluzione in un gruppo e di chi non è troppo avvezzo al black metal in senso stretto. Anche perché, di black metal qui ce n’è davvero poco.
5.0