(Head Records, Solar Flare Records, Lost Pilgrim Records, 2014)
01. Broken Mirrors Lacerate
02. The Patriot, The Elite, The Icon
03. Bag Of Dicks
04. Horn Of Misery
05. Roll The Skull
06. Chaos Shepherd
07. Scarecrow Warfare
Alla voce ‘Stuntman’ il mio vocabolario recita: “Controfigura che sostituisce l’attore protagonista nelle scene acrobatiche o pericolose di un film – cascatore – ‘uomo (man) da acrobazia (stunt)”. E già a partire da questa breve descrizione pure il lettore col più basso livello d’immaginazione dovrebbe capire che nel corso della recensione non parleremo di hipster dediti al pop da classifica. Ma sono altri i lemmi che mi vengono in mente mentre, sfogliando il dizionario alla ricerca di questa parola di origine anglosassone, ascolto il nuovo disco del gruppo omonimo: ‘tritacarne’, ad esempio, o ‘schiacciasassi’, tanto per citarne due semanticamente eloquenti. Come ormai avrete capito questo non è per niente un ascolto erudito, tipo la musica classica in sottofondo ad un saggio di Chomsky la domenica pomeriggio. Qui tutt’al più si parla della perfetta colonna sonora per la giornata di uno sfasciacarrozze o per l’addetto al rullo compressore.
Lasciata da parte un’intro fine a se stessa, il disco in questione – che si chiama Incorporate The Excess ed è l’ultimo parto del quartetto francese succitato – ingrana con una “The Patriot, The Elite, The Icon” dove dalla marzialità dell’intro in blast-beat si passa al mid-tempo dispari della strofa, ad un riff di matrice Keelhauliana per poi finire in perfetta soluzione di continuità ad un rallentamento e conseguente ripresa della struttura iniziale. Decidessimo di interrompere l’ascolto dopo questa prima traccia avremmo già sotto gli occhi e nelle orecchie tutta l’etica/estetica dello Stuntman di professione: rifferama robusto e dissonante, voce urlata batteria schiacciasassi. Le nostre impressioni superficiali trovano una conferma definitiva col terzo brano, un “Bag Of Dicks” il cui titolo (‘sacco di cazzi’ per chi non se la cavasse proprio con l’inglese), ben fa presagire ciò a cui si va incontro per tutto il resto del disco: un mucchio di cazzi, appunto, ma di quelli amari, anzi, amarissimi. Qui l’ombra dei misconosciuti Bleeding Kansas non è mai stata così vivida, e in un paio di punti (0’26’’ e 1’57’’) salta fuori una breve ma efficace linea melodica subito affogata in un mare di riff dispari. Le seguenti tracce gettano altra benzina sul fuoco anche se spillata sempre dallo stesso distributore: tra le tre snocciolate prima del finale spicca “Roll The Skull”, dove i tempi si fanno meno ossessivi ma ciò nonostante mantengono un tono incalzante. Belle le soluzioni adottate dal minuto 1’50’’ in poi, dove una breve apertura delle chitarre seguita da una timpanica sfocia nel marasma conclusivo attraverso una rullata ben costruita.
Accostabile ai primi Dogs For Breakfast nell’intento e nella cattiveria (anche se meno vario negli umori) e annoverabile in quella moltitudine di dischi sfornati negli anni da gente come Knut, Coalesce, Breather Resist, Rise & Fall, KEN Mode e altri simpatici terroristi sonori, Incorporate The Excess è una palla di cannone indirizzata allo stomaco. In effetti non si tira il fiato fino all’ultimo pezzo: un blocco di cemento di otto minuti che va ad imporre un rallentamento alle mitragliate dei pezzi precedenti. Il disco convince per la carica distruttiva che sprigiona e ha dalla sua parte anche il pregio di non menarla per le lunghe, perché come già si sa, in questi contesti ‘il troppo stroppa’. Pure l’artwork è ben fatto e ricorda certe perversioni degne del migliore Pushead.
Che la scuola francese si stia scavando una bella nicchia nell’underground violento non è più una novità, e se davvero in ambito post-hc esiste una tacita gara a chi registra il disco più pestato e cattivo, allora gli Stuntman concorrono sicuramente per il podio o quantomeno per un’ipotetica top ten del 2014 e non solo. Con un unico ma pesante svantaggio: si trovano a correre immersi in uno sterminato e indistinto marasma di aspiranti campioni, fiumana nella quale per fortuna o purtroppo si nasconde sempre qualche atleta di razza, scaltro e scafato, pronto a staccarsi dal branco e tagliare il traguardo in solitaria negli ultimi cento metri. Eccolo il solo difetto degli Stuntman: l’essere bravi a far il loro lavoro senza però superare o sconvolgere gli standard del genere. E un po’ a complicare le cose ci si mettono in mezzo pure i suoni, in questi casi vere e proprie lame a doppio taglio. Granitiche e abrasive – ma nella norma, verrebbe da dire – le scelte soniche in fase di registrazione, missaggio e mastering fanno sì che il disco tiri come un TGV lanciato ai mille allora in una galleria buia dove non si percepisce niente al di fuori della pura sensazione della velocità e della potenza, dalla quale però non esce mai. Pochissime sfumature di colore, quindi, e dinamiche talmente spinte da risultare appiattite. Aprite le tracce con uno spettrogramma, date un’occhiata all’ampiezza di banda di ciascuna e probabilmente capirete cosa intendo dire: non ci sono picchi né discese, tutto è sparato al massimo. È vero, il disco si chiama Incorporate The Excess, e tenendo fede al titolo il quartetto francese di certo non s’è smentito, ma dopotutto che razza di Stuntman è quello che non rischia la pelle nel tentare qualche nuova spericolatezza per lasciare il pubblico a bocca aperta e differenziarsi così dai saltimbanchi più mediocri?
7.5