(ConSouling Sounds, 2012)
1. Now and Forever
Già recensito su queste pagine poco tempo fa (Floating Veins), torniamo ad occuparci di Syndrome, progetto personale di Mathieu Vandekerckhove (AmenRa, Caan e Kingdom, fra gli altri) e dedito a sonorità decisamente introspettive volte all’ambient/drone, se proprio bisogna dare una definizione secca. Now And Forever è il secondo album, che assieme al precedente Floating Veins e allo split con Monotonos e Sequences va a completarne la discografia, in uscita per ConSouling Sounds (che ha lavorato anche con gli italianissimi Vanessa Van Basten e già all’opera con Alkerdeel, Nadja e gli stessi Amenra).
Scelta coraggiosa: un album monotraccia, per quanto non duri eccessivamente (poco meno di mezz’ora), è sempre una sfida per chi ascolta e deve riuscire a mantenere davvero alta la soglia di attenzione per catturarne tutti i passaggi e tutte le sfumature. E Now And Forever non lo fa a dovere. Le soluzioni adottate non sono male, ma non colpiscono per originalità e per emotività, per quanto Mathieu Vandekerckhove ci abbia messo molto impegno. Un’uscita come questa, che vede fra i “compagni di etichetta” anche Aidan Baker, passa così in secondo piano, avendo con i dischi solisti del mastermind dei Nadja ben più di un elemento in comune pur non raggiungendone gli apici compositivi. Davvero, non si vuole giudicare troppo malignamente questo lavoro, ma viene da chiedersi piuttosto perché non si sia voluto aspettare a pubblicarlo, magari sviluppandone alcuni passaggi portanti in maniera più completa e amalgamando tutte le influenze che vi confluiscono a dovere; perché se non vi è nulla da eccepire riguardo alla produzione, ai suoni e alle vocals (a cui partecipa anche Colin H. van Eeckhout), sicuramente il tutto poteva essere gestito con più calma e reso più fluido e lineare: accanto a passaggi più post rock (verso il sedicesimo minuto), troviamo fraseggi in acustico che richiamano vistosamente il neo folk, mentre altri sono più vicini a Popol Vuh, per passare attraverso a loop dal sapore decisamente ambient, come in chiusura. Forse un po’ troppo anche per un chitarrista navigato come Mathieu Vandekerckhove.
Non un disco da buttare, anzi, l’atmosfera generale riesce comunque a coinvolgere nonostante tutto quel che vi è stato inserito, ma alla lunga si fatica ad arrivare alla fine senza almeno una pausa. Consigliato a chi proprio non può perdersi nulla che abbia a che fare con gli Amenra, mentre per tutti gli altri probabilmente bisogna confermare quello che è già stato detto riguardo a Floating Veins: trascurabile.