(Dark Essence Records, 2011)
1. Fra Vadested til Vaandesmed;
2. Orkan;
3. Nordbundet;
4. Du ville ville Vestland;
5. Myr;
6. Helvetesmakt;
7. Dei Vil alltid Klaga og Kyta
Taake: un nome che agli appassionati di black metal sicuramente non giungerà nuovo, anzi, probabilmente molti non vedevano l’ora di una nuova uscita di Høst nonostante le ultime deludenti performances. Per dovere di cronaca i Taake nascono ufficialmente nel 1995, dopo aver usato per un paio d’anni il monicker Thule, ed esordiscono col botto quattro anni dopo con Nattestid Ser Porten Vid, anche se il vero capolavoro rimane il successivo Over Bjoergvin Graater Himmelrik (il paradiso piange sul Bjoergvin, in italiano). Questo si può dire essere l’ultima uscita davvero degna di nota del gruppo norvegese che, fra split ed ep vari, tocca il fondo del barile col tremendo Nekro e con l’omonimo album di tre anni fa.
Stranamente, a discapito di ogni pregiudizio, Noregs Vaapen sembra effettivamente risollevare le sorti del gruppo di Bergen, forse grazie alle collaborazioni con personaggi del calibro di Nocturno Culto, Demonaz e Attila Csihar. A parte questo, lo spettro delle influenze dei Taake si è allargato: oltre a presentare una produzione leggermente più grezza e con vocals molto più acide rispetto a Over Bjoergvin Graater Himmelrik, rimanendo sempre però nello stile di Høst, nell’album si può trovare una forte influenza rock, spesso assimilabile al lavoro degli ultimi Shining, giusto per fare un esempio. La seconda parte di “Du Ville Ville Vestland” sembra quasi uscire da The Cold White Light dei Sentenced, seppur filtrato attraverso un’ottica più black, con qualche arpeggio e ritmiche smaccatamente rock, con tanto di assolo nel finale. Stesso discorso vale per “Myr” che, da un inizio che riporta tantissimo al tanto bistrattato Volcano dei Satyricon, si conclude con riffs che di black metal hanno davvero poco, passando per un assolo di un minuto circa di banjo, tanto azzardato quanto ridicolo ad un primo ascolto (nonostante i Taake ci avessero abituato sin da Over Bjoergvin Graater Himmelrik ad introdurre anche l’uso di scacciapensieri nelle canzoni). Tutto il resto dell’album si assesta sulla soglia della sufficienza riprendendo ritmi e soluzioni già adottati in precedenza, come in “Orkan” o “Fra Vadested Til Vaandesmed” che riprendono Hordaland Doedskvad con qualche venatura folk, mentre tutto ciò che rimane passa quasi inosservato, a parte qualche accento burzumiano in “Nordbundet”. Tutte le influenze confluite in questa uscita hanno effettivamente reso Noregs Vaapen la migliore uscita del combo norvegese da un po’ d’anni a questa parte, nonostante in futuro l’album verrà ricordato probabilmente solo per la comparsata del banjo in “Myr” e per pochissimo altro, ordinando implicitamente a chi ascolta di ripassarsi come si deve uno dei primi due album.
Non fra le migliori uscite dell’anno sicuramente, nemmeno fra le prime venti, ma almeno si scopre che Høst ha ancora qualcosa da dire in questo campo e con questo suo progetto. Peccato che in un genere inflazionato come il black metal, questo album sicuramente finirà nell’oblio nel giro di pochissimo tempo.
Voto: 6.