(Season of Mist, 2012)
01 . Intro
02 . Hordes Of Zombies
03 . Ignorance And Apathy
04 . Subterfuge
05 . Evolving Era
06 . Radiation Syndrome
07 . Flesh To Dust
08 . Generation Chaos
09 . Broken Mirrors
10 . Prospect Of Oblivion
11 . Malevolent Ghosts
12 . Forward To Annihilation
13 . State Of Mind
14 . A Dying Breed
15 . Wretched
Esistono band che devono quasi tutta la propria fama alla prima fatica discografica: in molti casi, nonostante svariati tentativi, non sono più riuscite a replicare la brillantezza degli esordi; in altri, si sono sciolte e sono sparite nel nulla. I Terrorizer, pur facendo parte di questo grande gruppo, restano un caso un po’ sui generis: i Nostri, infatti, non hanno avuto molte possibilità di mettersi in gioco, avendo pubblicato soltanto tre LP.
Anche a livello di tempistiche, i Terrorizer si dimostrano un gruppo decisamente singolare: Hordes of Zombies esce sei anni dopo il precedente Darker Days Ahead, e ben 23 anni dopo lo storico esordio. In tutto questo tempo di cose ne sono successe, inclusa la tragica morte di Jesse Pintado, mente della band e chitarrista di conclamata fama in ambito death/grind, che ha evidentemente influenzato e continua ad influenzare a distanza di decenni.
Le chiavi del gruppo sono quindi rimaste nelle mani di Dave Vincent e Pete Sandoval, due personaggi che non hanno certo bisogno di presentazioni, e dai quali sarebbe sempre lecito aspettarsi grande musica: invece Hordes of Zombies, un po’ come il precedente Darker Days Ahead, è un disco mediocre, privo di verve, che scivola via e si dimentica facilmente. Certo, gli stilemi tipici del genere ci sono tutti: potenza e velocità, pezzi tiratissimi, nessuna concessione a rallentamenti o sprazzi di melodia.
Forse è proprio qui che risiede il problema: musica di questo tipo, nel 2012, ha un senso solo se veramente ispirata e convincente; invece il drumming furioso di Sandoval, vero e proprio marchio di fabbrica della band, dopo tutti questi anni risulta quasi innocuo, non fa più ‘paura’, complice anche una produzione che tende ad appiattire il suono della batteria; i riff della nuova chitarrista Katina Culture sono talmente semplici e scolastici che potrebbero essere stati prelevati da qualsiasi disco ‘minore’ della scena death/grind di metà anni ‘90; la voce è tremendamente monotona, e rende i pezzi troppo simili tra loro.
Hordes of Zombies in sé non sarebbe neanche completamente da buttare, perché nel complesso scivola via fino alla fine e in alcuni episodi è anche in grado di divertire. E’ un album onesto, senza pretese, degno di qualsiasi mestierante del grind; se non fosse che qui stiamo parlando dei Terrorizer, non di quattro ragazzini brufolosi che hanno imbracciato la chitarra l’altro ieri: vedere Sandoval e Vincent adeguarsi a cotanta mediocrità è abbastanza spiazzante. Forse è arrivato il momento di metterci una pietra sopra: che lascino perdere questo manierismo spiccio; tanto noi, alla fine, riascoltiamo sempre e solo World Downfall.
5.5