I Plight provengono da Leeds, e sono una punk’n’roll band dedita al rumore sonoro piuttosto tipico della zona da cui provengono. Le influenze che portano in dote all’ascoltatore sono, tipicamente, le stesse da cui sono stati condizionati nel corso della loro carriera in un Inghilterra di inizio millennio. Più specificamente, demo e tour a tempi alternati, come da tradizione. E, nel mezzo, tanto rumore. Il loro primo album esce su Visible Noise Records, ossia la stessa che in questi anni ha dato fiducia a gruppi quali Bring Me the Horizon, Your Demise, Lostprophets e Bullet for My Valentine. Investendo e, senza dubbio, ricavando.
Il sound presentato dai Plight (che, in inglese, suona un po’ come “triste condizione” e cose del genere) si mantiene sempre sul punk, seppur mantenendo ben salda una base di rock’n’roll e, talvolta, accennando al blues. Nello spazio di dodici tracce (undici più intro e traccia strumentale) per una quarantina di minuti circa, i nostri fanno discretamente passare il disco. Certo, le doti tecniche non sono nulla di eccessivamente sviluppato, ma d’altronde a nessuno interesserebbe, dato il compito che deve essere svolto. D’altro canto, la decisione di non sfruttare mai (!!) un potenziale melodico che, se presente, avrebbe potuto variare sensibilmente l’andamento del disco, penalizza un po’ la band. Se a questo si unisce il fatto che le canzoni finiscono per rassomigliarsi senza riuscire a ritagliarsi uno spazio proprio (fatta eccezione per la strumentale e melodica “Lifted to the Sun”, dove i nostri si improvvisano una pop-indie band accantonando per un secondo il cantato sporco del frontman Alistair Mancrief e creando, forse, il pezzo più bello dell’album), allora si capisce ben presto che il prodotto in sé difficilmente rimarrà sugli scaffali per più di qualche mese.
A non giocare a loro favore c’è il fatto che, se non rinnovato e/o nutrito con nuove idee, il punk’n’roll risulta un genere tipicamente ripetitivo ed inflazionato. Si è cominciati con i Motorhead sul finire degli anni ’70 (e infatti i Motorhead sono ancora lì, imperterriti, dediti a sfornare album su album basato sugli stessi tre accordi, sto(r)ici difensori di un’attitudine punk ormai in disuso), e ci si è aggiornati gradualmente, arrivando fino agli odierni Gallows. Che, infatti, con i Plight condividono la nazionalità, i tour passati insieme e la voglia di fare casino. Intendiamoci: le potenzialità ci sono, e il fatto che sia un vero e proprio album sulla lunga distanza fanno sperare per un futuro migliore. Fino ad ora, tuttavia, ciò che manca è la personalità. E, auspicando che non sia come il coraggio di Manzoniana memoria nel caso di Don Abbondio, speriamo che i Plight ne possano acquistare col trascorrere del tempo.
Voto: 6