(Relapse Records, 2013)
01 Odium
02 Vermis
03 Clutching Revulsion
04 Weight of Emptiness
05 Confronting Entropy
06 Fall to Opprobrium
07 The Imperious Weak
08 Cessation
09 Await Rescission
Riprendiamo il discorso interrotto con il freschissimo Colored Sands: in quest’anno nerissimo si è parlato del Padre (Gorguts) e del Figlio (Nero Di Marte): ecco dunque arrivare, a completare questa oscura Trinità del death metal più sperimentale, gli Ulcerate, che ci travolgono definitivamente lasciandoci un biglietto di sola andata per l’Abisso, il quale mai come ora “guarda dentro di noi”. Questo Vermis è pericolosissimo, vive di un’atmosfera cupa e opprimente, l’ossessione è la signora in nero che qui dirige le danze, pronta a colpire dopo una “Odium” da cardiopalma. In questo scenario non c’è speranza di sopravvivenza, le trame chitarristiche sono lame che si infilano fra le costole dell’ascoltatore, la voce ci ricorda caldamente che polvere siamo e polvere torneremo, mentre basso e batteria formulano sermoni incalzanti e sicuramente più dinamici rispetto alle ritmiche della prova precedente.
Le omelie si fanno ancor più lente, i flagelli picchiano invece sempre più impetuosi: tutti gli elementi tipici della musica dei neozelandesi qui sono portati all’estremo, le parti death metal si fanno ancor più impetuose, quelle “post-metal” ancora più atmosferiche e spiccatamente lente. I fedeli non potranno che gioire della nuova celebrazione, così oscura, matematicamente ostile alla luce del sole; gli Ulcerate non guardano in faccia nessuno (per forza, è tutto dannatamente buio in questo piccolo grande universo), e quanti sono stati scontenti dell’abbandono della radice prettamente floridiana già avvenuta con Everything Is Fire non potranno che riconfermare la propria ostilità alla proposta sempre più truce della formazione d’Oceania. Vermis è un unico flusso in cui nulla è lasciato al caso, da apprezzare nella sua interezza malata e sofferta; un ancor maggiore dinamismo avrebbe forse giovato alla proposta, che ne avrebbe guadagnato in aggressività e potenza, data la produzione necessariamente volta a suoni non troppo compressi e taglienti (onde non complicare ulteriormente un ascolto comunque impegnativo) scelta molto azzeccata dato il genere in questione.
Non ce n’è veramente per nessuno, gli Ulcerate spingono sempre più al rifiuto o alla totale assuefazione della propria musica, e questo ormai non più giovane gruppo va effettivamente confermandosi come campione dell’estremo in ogni senso, non da meno in quello concettuale: prendere o lasciare. La prima alternativa si confà a chi non ha paura di scoprire i nuovi dettagli del monolite più nero del nuovo millennio, la seconda a chi invece necessita di maggior dinamica nei propri ascolti. Questi Ulcerate fanno sempre più paura, si spingono sempre oltre la cortina impenetrabile da loro stessi e pochi altri alzata, e sicuramente tale attitudine totalmente estrema non può che giovare a questo grande moloch neozelandese. Attendendo l’equilibrio perfetto del loro futuro capolavoro, chiudetevi lontano dalla luce del sole e lasciatevi divorare dai vermi.
8.0