(This Is Core Music, 2012)
1. Transfusion
2. We All Bleed
3. Destroyer
4. Your Biggest Mistake
5. An Ode to My Enemies
6. Healing
7. Believe Nothing
8. Death Wish
9. What Goes Around Comes Around
10. Redeemer
11. The Rescue
La genovese This Is Core Music licenzia il nuovo album dei padovani Vault13, proseguendo così sulla scia delle numerose metalcore bands che solcano la penisola in cerca di fortuna. Formatisi nel 2007, la band arriva al traguardo del primo album dopo un primo disco autoprodotto, diversi cambi di formazione e quasi due anni di stop, dovuti alle esigenze dei vari membri. Le coordinate sonore vedono nel metalcore più melodico e “solare” di gruppi quali A Day to Remember la loro maggiore ispirazione. Il disco, registrato presso gli Hate Studio di Vicenza sotto la produzione di Maurizio Baggio, è costellato di ritmiche stoppate e si lascia spesso andare, come detto, al lato più aperto melodico e felice del genere, andando a sforare non di rado in forme moderne di punk-rock (“An Ode to My Enemies”, “Death Wish” ecc). La compressione dei suoni e l’accordatura volutamente bassa, tuttavia, fa sì che siano proprio i suoni a soffrirne, risultando talvolta caotici e mal bilanciati. In altre parole, non sono pochi i casi in cui i bassi risultano troppo saturi, andando a gracchiare contro le casse, anziché rilasciare le esplosioni sonore che ci si aspetterebbe.
Nel mucchio di brani veloci e dinamici, non manca certo il tempo per una ballata (“Believe Nothing”) che stempera un po’ i toni e conferisce un po’ di varietà al tutto. E forse è proprio qui che i nostri riescono a spingersi oltre la miriade di altri cloni che affollano il genere. Intendiamoci: il disco è ben suonato, e ci sono buoni spunti di originalità. Tuttavia, i Vault13 sembrano soffrire di tanto in tanto di quel male cronico che ha affetto il panorama metal(core) sin dai suoi albori, ossia la ripetitività assidua e costante di certi schemi e l’adagiarsi su cliché triti e ritriti. La conseguenza di tutto ciò è che, mentre vi sono gruppi che possono godere di grandi mezzi pubblicitari e intere strutture discografiche pronte a promuoverli e spalleggiarli, diventa sempre più difficile per le nuove leve la possibilità di emergere. Non a caso, è proprio un’altra “mosca bianca” come “What Goes Around Comes Around” che, con il suo andamento hard rock senza fronzoli riesce, poiché diversa dal branco, a farsi distinguere nella quarantina di minuti entro cui si sviluppa il disco.
In definitiva, un lavoro che, come tanti altri, promette bene, ma non arriva (quasi) mai a dimostrare la propria unicità. Non abbiamo dubbi su come, dal vivo, il tutto possa risultare coinvolgente, ma, per quanto sia apprezzabile il tentativo di crossover fra generi, quando si tratta di puntare ad ascolti frequenti su disco, servono altre strategie.
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