(Sun & Moon Records, 2012)
1. Wolves Eating the Sun
2. Not Unlike a Falling Leaf
3. Vespri
4. At Night
5. Wake
Hooves, Leaves & The Death / As December Nightingales è il full length d’esordio dei vicentini Vowels i quali, abbandonato il fin troppo abusato black metal presente nei primi lavori, decidono di intraprendere un percorso ed una politica maggiormente attuali in sede compositiva puntando il tutto su sonorità decisamente “post” ed introspettive.
“Wolves Eating the Sun”, canzone della durata complessiva di dodici minuti e quaranta secondi, inquadra perfettamente e senza mezzi termini l’intero album in questione. Note di piano soffuse e dal chiaro retrogusto melanconico fanno da apripista ad una chitarra distorta, ma mai invasiva, generante un riff gelido e distaccato che ci accompagnerà per l’intera durata del brano, il tutto abbellito da cori a metà strada tra una litania araba ed il gregoriano. Ad un certo punto ecco subentrare una batteria dall’impatto marziale che, tolti pochissimi stacchi, porta il pezzo ad un crescendo emotivo accelerando le dinamiche in maniera mirata e catartica. Nei minuti finali troviamo effetti elettronici e soprattutto una voce che molto ricorda il David Tibet (Current 93) delle produzioni precedenti il periodo folk di stampo apocalittico ma sicuramente successive a quelle industrial puramente sperimentali dei primi anni ottanta (anche perchè nelle primissime produzioni la voce di Tibet è praticamente assente).
“Not Unlike a Falling Leaf”, brano successivo dalla durata più contenuta, è di una bellezza sfolgorante e costituisce un eccezionale esempio di musica ambient. L’intro di archi stavolta introduce ad un connubio perfetto fatto di chitarre distorte, soli di archi, presenza di effetti, una batteria che per quanto minimale non risulta mai banale e in ultimis cori appena sussurrati talmente rarefatti e leggeri da conferire come la sensazione che si stia galleggiando sull’aria.
“Vespri” si attiene grossomodo ai canoni del brano precedente ma in chiave diversa: cadenzati arpeggi di violoncello lasciano spazio a note di piano che quasi richiamano il grande Hans Zimmer, per poi fare spazio ad una chitarra classica e una voce baritonale dalla pienezza notevole. Tutto questo sfocia in un climax ascendente (una piacevole costante in tutti i brani del lotto), il quale trova il suo apice nella chiusura fatta da tastiere con suoni che sembrano partoriti da un organo hammond costruito negli anni ’70.
In “At Night”, pezzo di straordinaria evocatività, i nostri mostrano addirittura tendenze che spaziano dall’industrial al cool jazz crepuscolare. Nella chiusura della canzone irrompe poi in maniera prepotente una chitarra quasi burzumiana ma con un livello di distorsione molto più simile a quello utilizzato dai The Jesus And Mary Chain nel loro capolavoro Psychocandy. “Wake” invece, pezzo di chiusura, per la prima volta mette in primo piano gli elementi fino a questo punto solo di contorno, ossia le voci (e che voci!).
“Hooves, Leaves & The Death / As December Nightingales” è un album d’esordio particolarmente ispirato e soprattutto attualissimo, dove la band dimostra di non voler risparmiarsi proprio nulla e di saper miscelare in maniera sapiente ma anche personale ogni singola influenza, non solo musicale ma anche artistica. Il vero punto di forza è rappresentato dal fatto che in ogni singolo brano elementi solo all’apparenza forzati riescano in seguito ad un adeguato ascolto a risultare come autentici preziosismi. Da ascoltare.
8.0
P.S: Dopo una prova del genere ci sentiamo anche di perdonare un artwork spudoratamente simile alla copertina di Live Hex: In a Large City on the North American Continent, live album datato 2006 degli indiscussi creatori della musica drone: gli Earth.