Al ritmo di un disco all’anno, i War of Ages arrivano così al quarto album (più un EP), di cui il terzo su Facedown Records. La proposta musicale dei cinque di Erie, Pennsylvania, non si sposta poi molto dai soliti canoni. Un metal-core abbastanza tipico, anche se con alcune intuizioni pronte a renderlo personale e piacevole.
Per il quarto capitolo della serie, la christian-metal band americana si affida ad uno dei guru massimi del genere, sia sopra che sotto il palco, ovvero Tim Lambesis, cantante degli acclamati As I Lay Dying. Questa volta in veste di produttore, la poliedrica ed ingegnosa figura non delude, regalando dei suoni potenti, precisi e taglienti, anche se come al solito vagamente già sentiti. Dalla loro parte, i War of Ages ci mettono tutto quanto il necessario per far sì che il disco (quasi un concept-album, visto l’orientamento generale dei testi) riesca bene. Una buona tecnica strumentale, aggiunta ad una notevole capacità compositiva che pesca sia dalla scuola più moderna del metal (con stacchi mosh, breakdowns, cantato costantemente a metà fra la scuola hardcore e i cori melodici), che da quella classica (con arrangiamenti ed assoli degni di un evidente giovinezza passata ad ascoltare i mostri sacri dell’heavy metal internazionale; Iron Maiden, come al solito, in primis).
L’apertuta affidata al potente e potenziale singolo ”All Consuming Fire” è azzeccata, e i diversi brani scorrono piacevolmente e con una carica non comune a tutti i vari gruppi in circolazione. I riff ben studiati delle due chitarre, lo stesso gioco di alternanze fra i due chitarristi, una sezione ritmica sempre presente e tonante, e i vari stacchi di melodia che vanno ad interrompere i ritmi serrati durante i vari brani, non fanno che confermare l’idea di trovarsi davanti ad un buon lavoro discografico.
Eppure, poiché qualche difetto va certamente fatto notare, a causa del genere musicale, o se vogliamo del fatto che le note sono sette, e più di tanto non si scappa, la già citata sensazione di “già sentito” è sempre in agguato. Soprattutto se, chi legge, è un utente che ha già ampiamente navigato nel mare di bands fra loro simili. Come riferimento, infatti, possono facilmente tornare a mente gli Unearth o, guarda caso, i suddetti As I Lay Dying, finanche i Killswitch Engage per l’abitudine ad inserire quasi in ogni canzone i tanto amati cori melodico-celestiali. Per dirla con i Lamb of God, “Pure American Metal” , a cui, però, va aggiunto il solito suffisso “-core” .
Tuttavia, considerata la giovane età del gruppo, e la suddetta originalità compositiva, l’album in questione è da ritenersi decisamente sopra la media generale. Più come una promessa (magari come futuri sostituti dei loro stessi influenti maestri), che come una conferma.
Voto: 8