I Wrath Propechy sono una band proveniente dalla provincia di Belluno che arriva al debutto sulla lunga distanza all’inizio del 2010. La label che li accoglie è la sempre più prolifera Hot Steel Records, scopritrice di diversi talenti in campo italiano e non che si sta dimostrando come un ottimo trampolino di lancio per le bands emergenti. Dopo due EP autorprodotti si arriva così al primo album vero e proprio che consente al gruppo, nello spazio di dodici tracce per una quarantina di minuti circa, di dare sfoggio delle proprie abilità in fatto strumentale. Nonostante il package che accompagna il disco definisca l’album stesso come stupefacente grazie alla “sua immediatezza nonostante la complessità della proposta”, va detto che ci si trova pur sempre davanti ad una proposta math-core.
Il disco può essere idealmente diviso in due parti principali: nella prima metà la band si abbandona alla sperimentazione più sfrenata, inserendo elementi jazz e ritmiche dispari a bizzeffe, non cercando mai il ritornello e dunque disorientando un tantino l’ascoltatore. Personalmente ho trovato piuttosto pesante la cosa, nonostante la relativa brevità dei pezzi. Il fatto di non poter ricondurre l’ascolto ad un apice della canzone (solitamente costituito dal ritornello, anche se non necessariamente così) ha reso l’ascolto piuttosto indigesto. Tuttavia, va detto che le capacità strumentali della band siano qui indubbie, e che probabilmente un ascoltatore abituale di math-core potrebbe restare piacevolmente compiaciuto davanti a questi stessi brani. Nella seconda parte dell’album, invece, le ritmiche si fanno relativamente più regolari. Interessante è l’esperimento costituito da “Brainless” che, con il contributo di Paolo Fontolan (Funkowl) alla voce, fa sembrare il tutto come un incontro fra i Fantomas e i Dillinger Escape Plan (punto in comune il solito Mike Patton). Certamente più immediata è anche “Into the Eyes”, che riporta l’ascoltatore sui territori di un death metal più classico.
Sebbene non abbia trovato del tutto veritiera l’idea che un disco del genere possa essere proposto come immediato e di facile ascolto, va detto che le qualità ci sono. Certo, sarà difficile vedere la scena math-core uscire dalla propria nicchia protettiva che relega il tutto ad un contesto più prettamente underground, ma questi ragazzi danno buoni segni in fatto di mantenere in vita il genere.
Voto: 6