(Merdumgiriz, 2013)
1. Integumental Grasp;
2. Through the Sigil of Hate;
3. Immortalizing the Nine;
4. Disguises of Evil;
5. In Senility
Le sorprese non finiscono mai: dopo aver conosciuto e apprezzato gruppi death/black metal provenienti da Israele, Sud America e quant’altro, questa volta tocca alla one man band black metal Yayla, direttamente dalla Turchia. Pensavo che Nihaihayat fosse la prima uscita ufficiale ed invece mi trovo di fronte ad un progetto ormai rodato giunto al suo quarto album nel giro di quattro anni, una media di tutto rispetto, soprattutto alla luce del fatto che ad occuparsi di ogni aspetto dei brani sia il solo Emir Toğrul.
Non avevo aspettative riguardo a quest’uscita, nel senso che non sapevo proprio a cosa sarei andato incontro, ma pensavo che mi sarei trovato davanti a qualcosa che suonasse in modo decisamente europeo, forse inconsciamente pensando alla vicinanza geografica. Nihaihayat suona invece davvero poco europeo, non c’è nulla di invernale, ma si rifà piuttosto in parte alla scena d’oltreoceano americana, andando più volte a spulciare atmosfere e passaggi vicini ai Wolves In The Throne Room di Diadems of 12 Stars, quando ancora non avevano definito le proprie sonorità in maniera ottimale e risultavano un po’ acerbi e noiosi. Nonostante qualche sfuriata qua e là che non compromette assolutamente il risultato voluto, Emir Toğrul preferisce servirsi di tempistiche cadenzate e pesanti, in cui l’oppressività e l’immobilismo delle atmosfere possano dispiegarsi al meglio; in questo senso qualche affinità con gli Elysian Blaze non è da escludere, pur rimanendo i due progetti su due piani, anche qualitativi, assai diversi. Yayla riesce comunque ad imbastire buone soluzioni (peraltro ottimamente calibrati sono sia i suoni che la drum machine) andando a pescare anche dagli Altar Of Plagues ogni tanto, pur senza doversi per forza sentir affibbiare l’etichetta di “post” in alcun modo; “Through The Sigil Of Hate” risulta senza ombra di dubbio l’episodio migliore, in cui tutte le caratteristiche di Nihaihayat trovano miglior espressione, mentre in “Immortalizing The Nine” e particolarmente in “Disguises Of Evil” una ripetitività leggermente eccessiva smorza le potenzialità dei brani. Un plauso è sicuramente da fare al cantato, davvero cavernoso ed in perfetta sintonia con la musica scelta.
Niente di trascendentale questo Nihaihayat, ma sicuramente non può definirsi un brutto ascolto. Non conoscendo le uscite precedenti non posso fare alcun paragone con quanto già fatto da Emir Toğrul né seguirne l’evoluzione musicale, ma se in futuro riuscirà a rendere la sua musica più personale e ad eliminarne alcuni piccoli difetti, non dubito che possa tirare fuori davvero un buon lavoro.
6.5