(Sevared Rercords, 2014)
1. Harvest
2. Throne of Reign
3. Below the Root
4. Relics Past
5. Alone
6. Above Atmosphere
7. Bavarian Illuminati
8. Preparing For Blood
9. Members
Dal secondo album in poi i brutal-deathsters Pathology hanno preso il ritmo di un disco all’anno e dunque, non volendosi certo smentire, nel 2014 eccoli arrivare puntualissimi con una nuova release, intitolata Throne of Reign. Essere così prolifici porta inevitabilmente verso un sentiero insidioso: se da un lato ci si può vantare per non lasciare mai i propri fans a bocca asciutta, dall’altro si deve fare i conti con possibili cali d’ispirazione e la reiterazione di un sound piuttosto monotono che alla lunga strapperà qualche sbadiglio agli ascoltatori più scafati.
L’ultima fatica del combo di San Diego riprende il discorso interrotto nel precedente Lords of Rephaim optando però per un approccio più caotico e basato su velocità massimizzate, rimanendo sempre all’intendo di quello slam brutal-death metal tanto caro ai Nostri. “Harvest” è un assalto frontale, slam pesantissimo e senza fronzoli in cui la band macina riff dopo riff con strutture piuttosto quadrate, velocità folli e l’inconfondibile growl gutturale e decisamente marcio di Matty Way; la title-track invece si basa su un’intelaiatura U.S. death metal adornata da un certo mood oscuro con i blast-beats a farla da padroni ed un rallentamento spezzacollo, piazzato a metà brano, che non farà prigionieri durante le esecuzioni live. “Relics Past” si affida a ritmiche pachidermiche e cadenzate, una formula ampiamente utilizzata eppur sempre efficace in ambito slam, il tutto condito da quelle vertiginose accelerazioni che i Pathology non intendono certo lesinare all’interno del platter. I brani successivi si muovono sulle stesse coordinate, anche se vale la pena menzionare “Bavarian Illuminati” e “Members”, tracce in cui si evidenziano strutture più affini al classico brutal-death nord americano che, ricordando da vicino Disgorge e Deeds of Flesh, si riallacciano a quelle cupe atmosfere accennate in “Throne of Reign” riuscendo persino a piazzare un guitar-solo sbrigativo sul finale dell’ultimo brano.
Nulla di nuovo sotto il sole, anzi, è con grande disappunto che doppiamo registrare un evidente calo di brio ed ispirazione da parte dei Pathology, che si rifugiano all’interno dei saldi e ben definiti confini dello slam senza provare minimamente a distinguersi dalla massa. Una sufficienza piena che viene strappata e “arrotondata” solo grazie alla prova vocale di Matty Way, che non sfigura mai e riesce a massimizzare la pesantezza e la furia distruttiva di ogni singolo brano. Appuntamento al 2015? Ormai pare un destino assicurato!
6.5