(Sevared Records, 2013)
1. Mountain of the Dead
2. Lords of Rephaim
3. Excisions
4. Autumn Cryptique
5. Dead Commandments
6. Empire
7. Ascending Below
8. Among Skinwalkers
9. Dies Irae…
10. It’s in the Blood
11. Reign from Above
12. Path of the Divine
13. Code Injection
Ci eravamo lasciati lo scorso anno con la recensione di The Time of Great Purification, disco che aveva soddisfatto la schiera, in costante aumento, di fans dei Pathology e in tale sede avevamo sottolineato l’elevata produttività del combo di San Diego, il quale. giunto nella seconda metà del 2013, ha voluto sottolineare questa propria esuberanza, dando alle stampe un nuovo album intitolato Lords of Rephaim.
Chiusa la parentesi con Jonathan Huber ecco tornare dietro il microfono il leggendario Matty Way, un rientro graditissimo che ha donato senza dubbio maggior spessore a questo platter. La formula principale è rimasta invariata, slam brutal-death metal corposo e quadrato che punta tutto su di un approccio diretto e fisico, incentrato nel massimizzare il groove e la pesantezza di certi pattern spesso ricorrenti in questa sotto corrente del death metal. Potendo contare su una produzione potente e cristallina, i Nostri hanno sfornato un disco composto da ben tredici tracce, dalla durata però piuttosto contenuta, ottenendo un risultato simile a quello dei Perverse Dependence, ovvero brani brevi e pesantissimi, che riescono così a smorzare quel difetto intrinseco dello slam, che rende un po’ ripetitivi e noiosi i pezzi dal minutaggio più lungo. Durante l’ascolto di Lords of Rephaim ci imbatteremo in brani abbastanza classici come la title-track e “Reign from Above”, caratterizzati da riffoni pachidermi, rallentamenti slam e frenetiche raffiche di blast beats, ma anche in pezzi più legati al brutal-death di vecchia scuola, come “Mountain of the Dead” e “Path of the Divine” dove l’influenza dei Disgorge diventa quasi palpabile; risalta anche “Autumn Cryptique”, abbastanza atipica rispetto a quanto solitamente proposto dal quartetto californiano, un brano in cui riffing serrati e dinamici si alternano a passaggi più atmosferici, avvicinandosi al primo periodo dei Morbid Angel. Nella sua completezza questo disco centra tutti i bersagli, rivelandosi un’opera ben strutturata ed efficace seppur non brillando per l’innovazione.
In tanti anni di onorata carriera i Pathology sono riusciti a ricavarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama del brutal-death metal mondiale, e grazie ad una discografia costellata di piccoli successi sono divenuti sinonimo di qualità, nonché una certezza intramontabile per tutti gli appassionati. Tirando a indovinare sulle tempistiche di pubblicazione, non resta che dirvi: “appuntamento all’anno prossimo”!
7.0