(Comatose Music, 2013)
1.Anatomy Turned Chaotic Puzzle
2.Ocular Haze
3.Blueprint
4.Mourning Euphoria
5.Chloroform Induced Trance
6.Nocuous Compulsions
7.Deviant
8.Jugular Gurgle
9.Altruistic Masochism
Come dite? E’ già stato ripetuto fino alla nausea che il 2013 si è confermato l’anno per eccellenza delle storiche reunion e dei ritorni più improbabili dal passato? Beh, dovrò tediarvi ulteriormente confermando ancora una volta questa tesi, i Mortal Decay infatti latitavano dal 2006, anno di pubblicazione della loro ultima opera, ed ora rieccoli far capolino con un disco nuovo di zecca.
Formatisi nell’ormai lontano 1991 nel New Jersey, i Mortal Decay decisero di abbracciare l’allora fiorente scuola del death metal floridiano nella sua forma più violenta ed estrema, ponendosi sul labile confine tra il sound più old-school ed il brutal-death. Dopo soli tre dischi scomparvero nel limbo delle band “in stasi”, mentre ogni componente si dedicava ai propri nuovi progetti come Malignancy, Waking The Cadaver e The Gurchick Tree, poi, quando meno ce lo aspettavamo, eccoli ricomparire nell’ultimo trimestre del 2013 con un nuovo full-length album ed un tour pronto per promuovere lo stesso. The Blueprint for Blood Spatter è un disco di solido death metal che fa dell’impatto grezzo e delle ritmiche incalzanti i propri cavalli di battaglia, il tutto condito dalle classiche tematiche relative ad omicidi efferati, morte, splatter e poltiglie sanguinolente: “Anatomy Turned Chaotic Puzzle” e “Ocular Haze” sono un perfetto esempio della musica che troveremo all’interno di questo disco, brani dal taglio old school ma con un occhio sempre rivolto al brutal-death, caratterizzati da riff serrati, alternanze tra mid e up-tempos e un bel growl cavernoso a far da contorno. Molto ben caratterizzata la carcassiana “Mourning Euphoria”, attraversata da alcuni passaggi melodici decisamente azzeccati, oppure “Deviant”, il brano più feroce del lotto, che viaggia sempre su ritmiche incalzanti e propone un guitar-working vorticoso in stile Deeds Of Flesh. La chiusura è affidata a “Altruistic Masochism”, il classico che non guasta mai, caratterizzato da riff granitici, passaggi massici, cadenzati ed un adrenalinico ritornello capace di scatenare il moshpit quando proposto in sede live.
Sin dal monicker, passando per le copertine e finendo con i testi si evince facilmente come i Mortal Decay siano rimasti legati alla forma più pura e classica del death metal, rifiutando qualsiasi modernismo e sperimentazione, un fatto indubbiamente positivo, anche se un minimo di evoluzione ed una ricerca di maggior personalità avrebbero giovato a questo Blueprint for Blood Spatter, un disco semplice ed onesto ma afflitto da quel senso di già sentito che alla lunga può far nascere un senso di noia nell’ascoltatore.
6.5