(Autoproduzione, 2012)
Italia, terra del buon cibo, delle opere d’arte, delle mentalità geniali e… del death metal. Sempre di più, in questi ultimi anni, quest’affermazione si sta dimostrando veritiera: la nascita di realtà nuove e promettenti è aumentata a dismisura, ispirati forse dal buon successo riscosso da grandi nomi quali Septycal Gorge, Hour Of Penance, Antropofagus, Blasphemer e compagnia bella.
I Bloodtruth prendono forma nel 2009 dalla volontà di tre ragazzi, cresciuti a pane e metal estremo, di mettere in piedi un progetto che tributasse la musica da sempre amata, poi con il passare degli anni si è raggiunta la stabilità e la maturità sonora, coronata nel 2011 dalla nuova line-up ufficiale composta da Stefano Rossi Ciucci, chitarrista e fondatore della band, Riccardo Rogari al basso, Giacomo Torti alla batteria e Luigi Valenti alla voce. Quello di cui ci apprestiamo a parlare in sede di recensione è il loro promo, pubblicato nel 2012, insieme al nuovo brano “Summoning the Heretic”, composto alcuni mesi dopo l’uscita del platter; venendo alla sostanza i Nostri propongono un robusto brutal-death metal di matrice U.S. con un occhio di riguardo verso Suffocation, Broken Hope e primi Cannibal Corpse, dominato da ritmiche feroci, riff tritaossa ed un drumming piuttosto variegato che alterna accelerazioni al fulmicotone a parti più cadenzate ma pur sempre incalzanti. Un plauso va sicuramente fatto per l’idea alquanto bizzarra, ma allo stesso tempo efficace, dell’inserire alcuni cori e canti gregoriani che contribuiscono a dare al sound un taglio maggiormente epico ed atmosferico senza incidere negativamente sulla forza d’impatto; “Coerced to Serve” emana old-scool brutal death da tutti i pori, attraverso riff granitici e passaggi dal mood più groovy, mentre la più recente “Summoning the Heretic”, pur mostrando simili caratteristiche, predilige l’assalto frontale. Infatti, dopo un’apertura ariosa dominata dal coro veniamo travolti da un furioso e martellante wall of sound caratterizzato da passaggi serrati e riff vorticosi. In entrambi i brani spicca un buon livello di perizia strumentale ed un growling piuttosto convincente, anche se a volte un po’ monocorde, una pecca che potrà certamente essere sanata con l’esperienza.
Per quanto tre brani possano essere considerati un numero esiguo per determinare un giudizio completo, sicuramente si rivelano sufficienti per mettere in luce il carattere e le intenzioni delle band: i Bloodthruth, infatti, si confermano un astro nascente con tutte le carte in regola per poter tentare la scalata verso il successo.
7.0