(Argonauta Records, 2014)
1. Miasma
2. Lottacontinua
3. Vuotavertigine
4. Maledesistere
5. Profondopiomborosso
6. Ilsensodellacondanna
7. Omniasuntcommunia
Gli Infection Code vantano una storia più che decennale: attivi dal 1999, dopo quattro album hanno fatto uscire nel giugno di quest’anno il quinto capitolo della loro saga musicale: La dittatura del Rumore.
In questi anni sono cambiate molte cose, vari cambi di line up ma soprattutto mutamenti molto forti nello stile musicale di questi ragazzi piemontesi. Come in Fine, il disco precedente a questo, la componente death metal è pressoché sparita lasciando uno spazio molto maggiore all’elettronica, sempre più preponderante, che diventa la trama capace di infittire le canzoni con gusto ermetico trasformando ogni pezzo in qualcosa di misterioso, capace di condurre in luoghi fumosi che sfuggono alla nostra mente o ai nostri ricordi.
Dopotutto il concept di La dittatura del Rumore verte su situazioni e fatti riguardanti gli anni di piombo ed è per questo che, nonostante l’atmosfera misterica, notiamo frangenti a noi familiari; le tracce ben fatte si susseguono con momenti di déjà-vu continui nell’ascoltatore, collegati a cose non troppo distanti nel tempo né troppo lontani da un immaginario comune collegato a quello che furono gli anni di piombo in Italia. I testi in questo nuovo disco sono giustamente tutti in italiano e ad eccezione per Cupe Vampe, una cover dei CSI presente in Fine, è la prima volta che gli Infection Code utilizzano la loro lingua madre per i testi della loro musica. Il cantato purtroppo a volte si perde nelle intricate trame elettroniche e nel noise generale, bisogna prestare molta attenzione per capire le parole, il cui volume viene subissato dalla massiccia presenza di synth e quant’altro; un vero peccato, in quanto i testi sono una componente basilare e importante almeno quanto l’elettronica.
Ormai abbandonate le ritmiche più connesse al metal estremo, il tutto è più legato all’industrial rock degli anni 90, un’influenza che rimane una costante, che ben si sposa ai suoni e alla parte più strumentale/chitarristica della composizione generale di questo lavoro, che regalano momenti ben più adrenalinici in cui non si ha tempo di perdersi nelle fumose ambientazioni che ci donano questi ragazzi piemontesi, veri e propri lampi di potenza sonora che ci fanno venir voglia di muovere la nostra testa al giusto ritmo; sono attimi, più o meno lunghi, inaspettati, come sorprese nelle canzoni. Non si sa mai cosa aspettarsi dal pezzo seguente, questa cosa la si capisce già dopo la prima traccia, ed è una componente aggiuntiva che aggiunge fascino a questo disco.
Sicuramente si tratta di un lavoro che necessita di molti ascolti per poter essere gustato e quindi digerito, ed è dedicato ad un pubblico dal gusto maturo, capace di codificare l’arcano nascosto e farlo proprio gustandosi tutti i particolari di cui è ricco questo ultimo lavoro targato Infection Code. La difficoltà nell’ascolto è però anche una arma a doppio taglio e valutare i pro e i contro non è mai cosa semplice. Indubbiamente il disco resta consigliato, ma per goderselo appieno bisogna prepararsi a prendere le cuffie dopo una giornata pesante, stendersi sul letto e perdersi in un tipo di gravezza differente dal solito, prendersi il giusto tempo e ascoltarsi più e più volte La dittatura del Rumore, sicuramente non ne rimarrete delusi.
6.5