(Epitaph Records, 2014)
1. Avalanche
2. Move Me
3. Out of Control
4. With the Wolves
5. Mercy
6. Phoenix Flame
7. Dear Youth (Day 52)
8. Wide Eyed
9. My Endnote
10. The Other Half
11. Blank Pages
I The Ghost Inside si possono annoverare tra quelle band appartenenti alla scena metalcore/hardcore che, in barba alle tendenze ed ai capricciosi cambi di gusti dei vari fanboys ‘n’ girls, hanno, passo dopo passo, costruito una solida carriera, continuando un’ascesa iniziata con il secondo disco The Returners e giunta al suo apice con quest’ultima pubblicazione intitolata Dear Youth.
I ragazzi di Los Angeles sono riusciti a trovare il giusto equilibrio tra la rabbia e l’urgenza del NYHC corroborato da svariati innesti metal ed alcuni inserti melodici e ritornelli di facile presa sul pubblico, dando così vita ad una formula tanto semplice quanto efficace sia su disco che ovviamente in sede live. “Avalanche” è un perfetto brano d’apertura, in sé contiene i diversi elementi che verranno via via esposti ed approfonditi durante l’ascolto del platter: si tratta della tipica traccia metalcore, dotata di mordente, con ficcanti breakdown piazzati al punto giusto e un refrain melodico immediatamente memorizzabile. Segue “Move Me” che, approfondendo le incursioni in territorio melodic-hc presenti nella traccia precedente, scorre agilmente grazie ad un sound semplice e riff orecchiabili; giunti ad “Out Of Control” ritroveremo invece l’approccio violento tanto caro ai Nostri che ricorda da vicino i leggendari Hatebreed. Poteva ora mancare il pezzo lento? Naturalmente no, dunque ecco pronto su un piatto d’argento “Phoenix Flame”, brano pacato e malinconico, atto a stemprare la furia maturata durante le tracce precedenti. La successiva title-track è un altro riuscito manifesto del modo di suonare dei Ghost Inside, grazie ad un approccio energico e muscoloso tipicamente hardcore, un testo se vogliamo scontato ma di sicuro intrigante, un ritornello ficcante come pochi e anthem finale quasi epico, accompagnato da riff granitici intrecciati ad una base melodica in grado di rapire l’attenzione e fare presa sull’anima dell’ascoltatore. La successiva “Wide Eyed” è un brano un po’ controverso, quello che potrebbe definirsi, volendo esagerare, la pietra dello scandalo di Dear Youth: sulle prime si presenta come il tipico brano metalcore targato TGI, poi le atmosfere si fanno più ariose ed easy listening e lo screaming potente di Jonathan Vigil lascia spazio alla voce pulita dell’ospite Jason Butler dei Letlive, che fa sbandare pericolosamente il pezzo verso lidi pop-punk, anche se fortunatamente in chiusura la rabbia torna in primo piano e la canzone termina con muscolosi e violentissimi break down. “Blank Pages”, infine, chiude il disco con una partenza triste e malinconica, andandosi poi a ravvivare grazie ad un ritornello energico e cadenzato che si ricollega ad “Avalanche” e contribuisce a dar vita al tipico singolo che farà ondeggiare le braccia al cielo e cantare a squarciagola il pubblico durante le esecuzioni live, perfetta da affiancare ad una “Engine 45”.
Nulla di nuovo sotto il sole, eppure nemmeno materiale scontato o poco ispirato: i The Ghost Inside sono ormai diventati maestri nel maneggiare questo tipo di musica, tenendosi sempre in bilico su quel sottile confine che divide il metalcore dal classico hardcore, dando vita a quello che si può definire l’album più “easy listening” della loro carriera ma sicuramente anche il più maturo e curato, in grado di fare la felicità di tutti i fans sfegatati ma capace anche di accalappiare nuovi seguaci tra il grande pubblico.
7.5