Nel giorno dell’Immacolata Concezione a Bologna si svolge uno dei concerti più attesi di questo 2014 giunto ormai al termine. Tornano infatti nel capoluogo felsineo gli australiani Parkway Drive e i conterranei Northlane, i teutonici Heaven Shall Burn ed infine gli americani Carnifex. Le band in questione hanno smosso davvero tanta gente, ben popolando il famoso club bolognese nonostante il giorno dopo fosse lavorativo: l’Estragon è stato teatro di un concerto a dir poco estremo, un live memorabile ed imperdibile all’insegna del mondo core.
Live Report a cura di Nicolò Alfei e Exhumed
PARKWAY DRIVE + HEAVEN SHALL BURN + CARNIFEX + NORTHLANE
Estragon, Bologna
08 / 12 / 2014
NORTHLANE – a cura di Nicolò Alfei
Sono solo le 18:30 e l’Estragon è ancora mezzo vuoto quando, dopo un rapido soundcheck, i Northlane iniziano a suonare. Quello degli australiani è un metalcore con venature progressive ed atmosferiche interessanti. L’esordio è affidato al nuovo singolo “Rot”, che farà parte del prossimo full-length, e che subito ci fa notare come il nuovo cantante Marcus Bridge sostituisca alla grande Adrian Fitipaldes. I possenti breakdowns iniziano a scaldare il pubblico bolognese, specialmente al momento dell’esecuzione di “Scarab” e “Quantum Flux”, il brano più famoso composto dai cinque australiani, che rappresenta tutta la loro essenza e porta con sé un carico emotivo non indifferente, grazie anche alla buona acustica che offre oggi l’Estragon. Dopo circa mezz’ora il gruppo scende dal palco, dopo aver offerto una prova discreta e complessivamente apprezzata dal pubblico: siamo curiosi di sentire il nuovo disco, che uscirà nel 2015.
CARNIFEX – a cura di Nicolò Alfei
La palla passa ai californiani Carnifex, vere e proprie star del deathcore: assistere ad un loro concerto è sempre un’esperienza gratificante, sia che si tratti della vostra prima volta o dell’ennesima. La scenografia è ridotta all’osso, ma tanto quello che ci si aspetta dai Carnifex non sono certo gli abbellimenti estetici, quanto piuttosto la cruda violenza sonora. Il brano d’apertura è la strumentale “Suffering” legata assieme a “In Coalesce With Filth And Faith”; la carica è pazzesca, la band infiamma subito il pubblico a colpi di breakdown pesantissimi e blast beats rapidissimi. Si resta su un ottimo livello con i brani estratti dal nuovo album “Hatred And Slaughter”, “Dark Days” e la title-track “Die Without Hope”. La performance vocale di Scott Lewis non ha conosciuto cedimenti per tutta la durata dello show, sorretta egregiamente dal resto della band, che non hanno steccato un passaggio. La setlist prosegue con “Lie To My Face”, farcita di diabolici pintch armonici dissonanti, un brano accolto con grande entusiasmo e partecipazione, nonostante il costante coinvolgimento del pubblico fosse già dimostrato da un acceso pogo che non s’è mai fermato per tutto il live. Naturalmente il brano conclusivo è come sempre l’evocativa “Hell Chose Me”: particolarmente glaciale la parte finale, in cui Lewis incita l’audience ad urlare le tre parole del titolo. Anche il concerto dei Carnifex termina dopo una mezz’ora estremamente soddisfacente: con i ragazzacci di San Diego non si rimane mai delusi.
HEAVEN SHALL BURN – a cura di Exhumed
I tedeschi Heaven Shall Burn non sono certo dei novellini in fatto di esibizioni live, ed anche in questa occasione hanno dimostrato di essere all’altezza delle aspettative: trainati dal carismatico e simpatico frontman Marcus Bischoff hanno dato vita ad uno show infuocato, scatenando poderosi circle-pit ed un pogo terremotante. Nonostante la maggior parte dei presenti fosse chiaramente giunta all’Estragon principalmente per vedere all’opera i Parkway Drive, non si può certo negare che i Nostri godessero di una grande fetta di supporters tra il pubblico. Una volta preso possesso del palco i tedeschi non hanno perso tempo e sono partiti in quarta con “Counterweight”, uno dei loro pezzi forti, in grado di elettrizzare subito tutti i presenti; la quantità di materiale a cui gli Heaven Shall Burn possono attingere è indubbiamente vasta, essendo loro sulla piazza dall’ormai lontano 1997, ciononostante sono riusciti a spaziare sapientemente tra i masterpieces della propria discografia gettando in pasto al pubblico le ottime “Land Of The Upright One” e “Hunters Will Be Hunted” dall’ultima loro fatica Veto, l’intramontabile “Voice of the Voiceless” e la sempreverde cover degli Edge Of Sanity “Black Tears”. L’apice dell’esibizione viene però raggiunto con l’immancabile “Endzeit”, introdotta come al solito dalla strumentale “Awoken”, durante la quale il vocalist invita il pubblico a separarsi sui due lati della sala e prepararsi per il classico wall of death. Quando arriva il momento di congedarsi, gli Heaven Shall Burn vengono letteralmente sommersi da una pioggia di applausi ed ovazioni mentre il loro nome viene ripetuto in coro dai presenti. Tolto qualche piccolo difetto all’inizio del concerto nei suoni, che vedevano le chitarre afflitte da una resa ovattata, la loro è stata sicuramente una performance di altissimo livello, che ha confermato come la band si meriti il posto che occupa tra le migliori realtà melodic-death / metalcore odierne.
PARKWAY DRIVE – a cura di Exhumed
Terminato un cambio palco mediamente lungo si riaccendono le luci on-stage e l’attenzione viene subito catturata dalla scenografia formata da vecchi copertoni, frammenti metallici, carcasse di elettrodomestici e due anonime bandiere annerite: una scelta che riporta alla mente il tipico scenario della saga cinematografica Terminator, cosa che potrebbe sembrare fuori luogo pensando al tipico outfit del combo australiano, ma che invece risulta perfettamente in tono con l’atmosfera “post-apocalittica” della serata. La febbrile attesa giunge dunque al termine quando Jeff Ling mette piede sul palco chitarra alla mano ed inizia a sciorinare le prime note di “Wild Eyes”: in men che non si dica il pubblico intona ad una sola voce il chorus del brano mentre Winston Mc Call ed il resto della band prendono posizione in mezzo ad una simpatica esplosione di coriandoli. Vengono pescati i brani più significativi da tutta la discografia degli australiani, che animano particolarmente il pit con le terremotanti “Sleepwalker”e “Deliver Me” insieme le ai classici “Mutiny” e “Romance is Dead”, sulle quali la folla impazzisce letteralmente. Tra un brano e l’altro l’indomito frontman non perde occasione per ringraziare i presenti, invitando poi coloro che gridavano ritmicamente il nome del combo australiano a risparmiare le energie perché lo show era ancora lontano dalla fine. Si sogna ad occhi aperti con “Idols and Anchors” e “Home is For the Heartless”, mentre si torna a pestare duro con “Dark Days” e “Swing” accompagnate da giganteschi circle-pit e svariati crowd-surfing. Al momento dei bis, lo spettacolo viene concluso magistralmente da “Horizions” e l’immancabile “Carrion”, durante la quale l’intero pubblico si compatta verso le prime file per cantare a squarciagola ogni singola strofa. Nel complesso, quello dei Parkway Drive è stato uno show muscoloso, schietto e coinvolgente dalla prima all’ultima nota, un altro punto segnato dalla formazione australiana, sicuramente una delle poche realtà metalcore in grado di regalare forti emozioni e di riempire ancora grandi location a qualche anno di distanza dal “periodo d’oro” del genere.