Il ritorno dei Mono col doppio album Rays of Darkness / The Last Dawn è stata una delle uscite più emozionanti dell’anno in ambito post rock: è quindi con grande piacere che vi offriamo il risultato dell’intensa e toccante chiacchierata che abbiamo avuto occasione di fare con la band giapponese. Ad ascoltare la loro musica, c’eravamo fatti per qualche ragione l’idea che i Mono fossero persone riservate e poco loquaci. Siamo stati clamorosamente smentiti, perché il buon “Taka” si è aperto con una disponibilità disarmante, dando prova di grande sensibilità e regalandoci davvero una parte di sé con le sue parole non banali.
Com’è nata l’idea di rilasciare due album distinti? Credo che ascoltandoli si percepisca chiaramente la dualità dei due lavori.
La ragione nasce da due stati d’animo molto forti che si scontravano in me nell’ultimo periodo: speranza opposta ad un’assoluta oscurità. Questa oscurità non aveva niente a che fare con la tristezza, nasceva più che altro da rabbia e sofferenza, qualcosa come un’infinita e incontrollabile disperazione. Partendo da questi sentimenti ho cominciato a scrivere un nuovo disco. Ma quando cominci a scrivere sulla base di queste sensazioni, la tua vita quotidiana diventa ancora più cupa e deprimente: anche quando uscivo dallo studio, ero arrabbiato anche senza una ragione chiara, mi sentivo come se avessi venduto l’anima al diavolo. Per questo contemporaneamente ho cominciato a comporre in uno stile diverso nuovi brani, non necessariamente per i Mono, solo per lasciare uscire fuori le mie emozioni. Ho anche cambiato il mio stile di vita: di solito compongo a notte fonda, e ho cominciato a scrivere anche alla mattina presto o al pomeriggio. Così, questi nuovi brani sono diventati come una medicina per me, una cura per sopravvivere alla vita di tutti i giorni. In quel momento non avevo alcuna intenzione di pubblicare due album insieme. Ma col passare del tempo sono riuscito ad accettare anche le canzoni che avevo scritto quand’ero in quello stato d’animo negativo, che rappresentano il mio lato più oscuro e che quasi non volevo più ascoltare. Poi ho pensato di fare un unico album con tutti questi pezzi, ma non mi sembrava comunque giusto.
The Last Dawn è un disco opposto a Rays Of Darkness. Essenzialmente è un album che parla di scappare dalla propria oscurità e cercare la luce. Almeno, così è per me. Per questo abbiamo deciso di pubblicare due album distinti.
Col passare degli anni avete affinato un suono e un modo di suonare molto personale e per certi versi orchestrale. Quali sono le vostre influenze? I compositori di musica classica vi hanno influenzato in qualche modo?
Beethoven ed Ennio Morricone mi hanno certamente influenzato, ma tra i compositori classici è Gustav Mahler il mio idolo.
Mi ha colpito il potere espressivo del video girato da Koji Morimoto. Che rapporto avete con gli anime e quali accostereste alla vostra sensibilità musicale?
Morimoto è riuscito a creare in quindici secondi una grottesca e allo stesso tempo bellissima ed evanescente rappresentazione visiva della nostra musica, e gli siamo molto grati per questo. Per quanto riguarda gli anime, personalmente ho amato per esempio Akira e i film di Hayao Miyazaki.
Molti negli anni si sono chiesti che voce potesse avere il suono dei Mono. Sentire lo scream di Tetsu degli Envy su un vostro disco è stato un sogno che si avvera per molti dei fan di vecchia data. E’ possibile sperare in altre collaborazioni future?
Ti ringrazio. Già quando scrivevo la canzone potevo sentire chiaramente le urla di Tetsu nella mia testa. C’è un grande rispetto reciproco tra noi e lui, e credo ne sia venuta fuori una collaborazione incredibile: siamo molto contenti del risultato. Il mese scorso abbiamo anche suonato insieme dal vivo per la prima volta, a Taiwan. Se ci sarà modo, in futuro, ci piacerebbe molto sperimentare la cosa nuovamente.
Oltre ai già citati Envy quali band giapponesi stimate e consigliereste ai lettori di Grind On The Road?
Sicuramente i Boris. Anche con loro, come con gli Envy, abbiamo un ottimo rapporto di reciproco rispetto.
Ora siete in tour. E’ difficile coniugare la vostra vita personale con viaggi, prove e dischi?
Non è facile essere in viaggio per metà dell’anno. Ma è la vita che abbiamo scelto, e sapevamo a quale tipo di stile di vita saremmo andati incontro. E comunque, anche quando sei allo stremo fisicamente o mentalmente, una volta che sali sul palco tutto svanisce.
Siete ormai una realtà consolidata e rispettata nella scena post rock mondiale. Essere dei musicisti è la vostra occupazione principale o fate altro per vivere?
Fortunatamente riusciamo a vivere con la nostra musica. Facciamo tutto ciò che riusciamo per conto nostro anche quando si tratta di gestire i tour, ma in più collaboriamo con un sacco di persone fantastiche che ci supportano e ci aiutano rendendo tutto questo possibile.
Quali sono secondo voi le pietre miliari della vostra carriera? Quali sono i dischi più importanti tra quelli che avete pubblicato, o quali hanno un valore particolare per voi?
Penso che ogni album rappresenti la nostra vita nel momento in cui l’abbiamo composto. Non so quanti album avremo pubblicato alla fine della nostra carriera, potranno anche essere venti o trenta, ma ormai credo che quando, un giorno, li riascolteremo dal primo all’ultimo sarà come ascoltare una lunga sinfonia delle nostre vite. Speriamo sempre di scoprire nuove vie di evoluzione per la nostra musica, penso ci sia ancora molto da scoprire; inoltre, ci piacerebbe diventare la migliore live band del mondo.
Quando potremo rivedervi in Italia? Con questa chiudo, vi ringrazio e vi lascio salutare i nostri lettori come preferite.
Stiamo facendo ora il primo tour europeo di supporto ai due album appena pubblicati. Nella primavera del prossimo anno ne faremo un secondo e abbiamo in programma di visitare anche l’Italia.
Grazie mille,
Takaakira “Taka” Goto