Anche quest’anno è stato l’anno dei Nero Di Marte. Come detto dallo stesso Francesco D’Adamo nell’intervista che oggi vi proponiamo, la band è in una fase di grande creatività e produttiva: non sorprende dunque che, a poco più di un anno di distanza dal debutto omonimo, il quartetto bolognese sia tornato prepotentemente sul mercato con Derivae, un’opera maestosa che ha ridefinito i canoni del loro sound e spostato l’asticella della qualità ancora più in alto. Ancora ebbri per la bellezza del disco, abbiamo cercato di scoprire qualcosa in più sullo sviluppo del disco e sui progetti futuri della band…
Cosa si cela dietro la scelta del titolo del vostro ultimo lavoro?
L’urgenza di aprirsi a cose nuove, di continuare una ricerca (in questo caso musicale) senza paure, anche quando tutto ciò rischia di portarti in territori a te sconosciuti. Penso sia un abbandono a qualcosa che ti appartiene nel profondo e che non puoi ignorare.
Ascoltando attentamente il disco sembra che le tracce abbiamo una sorta di continuità, è una cosa che avevate ponderato prima?
É vero, anch’io percepisco l’album come un corpo unico. Una volta costituito il primo nucleo dell’album, i brani sono stati sviluppati anche in funzione degli altri, influenzandosi a vicenda e andando progressivamente ad assumere dei ruoli reciproci. Ogni brano è in rapporto con il resto dell’album in qualche modo e questo contribuisce a renderlo molto coeso.
Due dei sette brani sono in italiano. Che cosa cambia nella stesura di un brano se decidete di usare per i testi l’italiano piuttosto che l’inglese? È’ stata una cosa estemporanea o ne sentiremo altri?
Solitamente la voce è l’ultimo layer musicale che uniamo al brano, quindi l’influenza linguistica sulla sua creazione è minima. Le conseguenze sull’atmosfera generale invece sono fortissime: personalmente sento l’italiano più vicino, diretto e profondo, voce e musica arrivano ad una fusione che con l’inglese non sento. Ovviamente per Sean che è bilingue la sensazione è differente. In futuro daremo sicuramente maggiore spazio al cantato in italiano, così come abbiamo fatto anche nello split realizzato quest’anno con i Void of Sleep.
L’artwork del disco e’ maestoso e trasmette la potenza della natura e l’impotenza dell’uomo. Difficilmente si poteva trovare qualcosa di più efficace per rappresentare la vostra musica.Chi è l’autore dell’artwork? Che rapporto avete con altre forme di espressione artistica come la pittura e la grafica in generale?
Più che un dualismo uomo/natura, l’artwork riflette e amplifica stati d’animo umani, così come accade nella musica. Anche questa volta abbiamo collaborato con Alex Eckman-Lawn, con uno scambio fittissimo di mail, immagini e suggerimenti. L’idea era di creare una marea cupa, affascinante e terribile allo stesso tempo, che usasse un elemento distinguibile, come quello del mare appunto, ma riorganizzato in forme innaturali e insondabili dove tutto va alla deriva, agitato da forze non conoscibili. Pittura e musica, insieme ad altre forme di espressione artistica, sono per quanto mi riguarda la stessa cosa. Utilizzano mezzi diversi ma nascono da necessità estremamente simili. Così come è simile il loro perpetuo tentativo di ridefinire e trasformare il nostro immaginario e la sfera delle nostre percezioni.
Avete piani per rilasciare un video di qualche brano?
Sì, stiamo lavorando ad un progetto più ampio, un cortometraggio basato sul brano “Those Who Leave”. Per ora tutto è in stato ancora embrionale, ma a breve riveleremo maggiori dettagli. Volevamo qualcosa di diverso per un lavoro video su questo album, e l’incontro con una giovane regista italiana, Rosamaria Montalbano, ci ha convinto che era possibile dare vita a qualcosa di profondo ed evocativo.
Se mai vi venisse in mente di fare una cover, quale sarebbe la vostra scelta?
Sarebbe un brano dei King Crimson, è tanto che ne parliamo e immagino prima o poi riusciremo a farlo, sia registrandolo che portandolo live. Ovviamente si tratterebbe di una rivisitazione in nostro stile del brano in questione.
Che musica ascoltano i Nero di Marte ?
Abbiamo molti ascolti condivisi che riguardano un più o meno recente passato, con band quali Tool, Zu, Mastodon, Gojira, Gorguts, Ulcerate, Meshuggah, Dillinger Escape Plan, King Crimson, Pink Floyd e tanti altri. Personalmente ciò che ascolto di più sono lavori di Bartok, Stravinsky, Scelsi, Penderecki, Schinntke, John Coltrane, Thelonius Monk, Ligeti, Grisey, Takemitsu, Xenakis… la rivelazione di quest’anno invece è stata la Fire! Orchestra, in particolare il loro primo album, Exit! Ad essere sincero ascolto anche molto Derivae, riesco a trovarci cose diverse ad ogni ascolto.
Secondo voi, in che stato di salute si trova la scena musicale heavy italiana? Consigliereste ai nostri lettori cinque gruppi italiani meritevoli di attenzione?
Rispetto ad altre realtà suonare in Italia significa partire con un handicap culturale, economico, organizzativo. Quindi la “scena” musicale risente, a vari livelli, di tutto ciò. C’è però un aspetto molto interessante: la musica underground italiana sopravvive unicamente grazie alle proprie risorse. Se da un lato quindi non può mai beneficiare di supporti esterni, dall’altro si mostra resistente ed autonoma in tutto ciò che fa, cosa che invece non può essere esteso ad altri ambienti musicali e culturali che crollerebbero in un attimo senza aiuti esterni (culturali, economici, organizzativi). Cinque gruppi italiani che apprezzo molto sono gli Storm{O}, Void of Sleep, Miotic, Junkfood e non posso non citare gli Zu, nonostante i lavori pubblicati dopo Carboniferous non mi abbiano colpito molto. Ho da poco ascoltato l’ultimo album dei Juggernaut e ha delle idee musicali davvero particolari.
Lo scorso anno avete suonato negli Stati Uniti. Avete in programma altri tour al di fuori dell’Italia?
Il tour negli Stati Uniti con Gorguts e Origin è stata l’esperienza più intensa vissuta come band e speriamo di poterla ripetere al più presto. Stiamo ricevendo varie proposte per tour all’estero e senza dubbio nel 2015 avremo modo di portare la nostra musica fuori dall’Italia.
Progetti futuri?
F: Sicuramente suonare di più dal vivo e scrivere nuova musica, come sempre. C’è già molto materiale in lavorazione e stiamo progettando di tornare in studio anche nel corso del 2015. Come detto prima, speriamo di realizzare il corto di “Those Who Leave”… è un periodo molto creativo, e speriamo di riuscire a concretizzare tutte le nostre idee.