La scoperta tardiva dei Neurosis ha creato dei mostri. Non c’è bisogno di ripetere certe considerazioni su tutti quei cloni dei maestri californiani che appaiono in continuazione a chiedere la nostra attenzione; proviamo dunque a vedere la questione da un’altra prospettiva. Perché sì, ci sono dei lati positivi nella proliferazione esagerata del prefisso “post” sulle bocche di insospettabili espertoni: l’attenzione che tutti questi novelli appassionati di postqualcosa riversano anche su formazioni che di “post”, in realtà, non hanno quasi niente, se non un certo immaginario che viene loro attribuito. Non si spiega altrimenti la folla numerosa ed eterogenea che si è presentata al Bronson per assistere allo Swamp Thing Fest, che ha visto esibirsi diversi notevoli gruppi nostrani, come i colossi dello stoner / doom Ufomammut, i sempre più lanciati Ornaments e gli eroi locali Void of Sleep.
Live Report a cura di Ico e Onibaka
SWAMP THING FEST
Bronson, Madonna dell’Albero (RA)
10 / 01 / 2015
THREE EYES LEFT
In ogni palude che si rispetti c’è nebbia. E la nebbia fa arrivare tardi ai concerti. Abbiamo visto solo metà del concerto dei Three Eyes Left e non è bastato per conquistarci: l’impressione che ci siam fatti è quella di una band che conosce a menadito il proprio genere ma che non si discosta troppo dai classici stilemi dello stesso. Quello dei Three Eyes Left è uno stoner / doom molto debitore degli Sleep di Dopesmoker (per dire solo un nome), di facile comprensione anche per chi non ha eccessiva dimestichezza col genere, con qualche deriva psichedelica capace di regalare spunti più stimolanti. In breve, la band ci ha dato la spiacevole sensazione di averci detto tutto nel breve tempo che gli abbiamo concesso, ma cercheremo di dargli una seconda occasione, se non altro per farci un’opinione più onesta e completa.
ORNAMENTS
Diciamolo subito: la performance degli Ornaments è stata la più convincente e soddisfacente di tutta la serata. Da quando è uscito Pneumologic il loro è uno dei nomi più chiacchierati dell’underground nostrano, anche loro lo sanno e questa consapevolezza nei propri mezzi si percepisce sempre di più vedendoli suonare. Non che ci sia per forza qualcosa di diverso tra l’essere un gruppo “da centro sociale” e uno “da club”, e comunque non è (ancora) così evidente la differenza rispetto al passato, ma gli Ornaments oggi hanno davvero poco da invidiare a quelle poche formazioni da “grande” esportazione presenti nel panorama nostrano, come possono essere i Lento o gli stessi Ufomammut. I quattro sul palco sono fluidi, apparentemente istintivi, certamente lucidi e la loro musica arriva, complici i suoni davvero ottimi, in maniera molto diretta al nutrito pubblico, che sembra apprezzare parecchio. C’è spazio in scaletta anche per del materiale nuovo, che fin dal primo ascolto regge magnificamente il confronto con i pezzi più vecchi: se il prossimo disco sarà capace di superare le già alte vette raggiunte da Pneumologic, gli Ornaments diventeranno davvero un nome imprescindibile dell’underground italiano.
VOID OF SLEEP
Apprezziamo molto i Void of Sleep e abbiamo avuto il piacere di vederli esibirsi diverse volte. Per questo spiace dire che il concerto di stasera non è stato alla loro altezza, anche per colpe non loro. I romagnoli questa sera sono stati penalizzati da suoni non ottimali, soprattutto all’inizio e alla fine dello show; a fine concerto ci confermeranno che anche loro hanno avuto problemi a sentirsi sul palco. “Lost in the Void” ha perso così molta della sua forza trascinante a causa di un avvio abbastanza stentato di Burdo, mentre in chiusura i Void of Sleep ci hanno offerto una delle peggiori versioni di “The Great Escape of the Giant Stone Man” che ricordiamo. Molto meglio la parte centrale: dopo una sempre efficace “Wisdom of Doom” abbiamo potuto constatare che la placida “A Man With No Way Out”, tratta dallo split con i Nero di Marte, funziona benissimo dal vivo, soprattutto se posta come stasera a metà concerto. Segnaliamo anche nel caso dei Void of Sleep la presenza di un inedito in scaletta, un pezzo piuttosto complesso per gli standard della band, che ha fatto montare in noi una certa curiosità.
UFOMAMMUT
Dopo un inizio non proprio entusiasmante per via dei suoni troppo chiusi, gli Ufomammut iniziano a fare scuotere la testa dei tanti presenti grazie al loro riffing ultra-saturo. L’effetto audio-visivo e’ suggestivo: immagini psichedeliche si muovono a tempo dietro al trio, che emette un’onda sonora devastante. Il livello di intesa e’ palpabile e in più di una occasione si ha la sensazione di assistere ad un rituale piuttosto che ad un concerto. Com’era prevedibile, visto che siamo degli inguaribili nostalgici, abbiamo apprezzato particolarmente i due brani estratti da Idolum, che rimane a distanza di anni il miglior disco dei ragazzi di Tortona. Certamente però bisogna riconoscere come i due ORO abbiano permesso agli Ufomammut di codificare una formula che funziona, che in questo momento piace (probabilmente prima di tutto a loro) e pertanto “muove le genti”. Per questo il set di stasera ha dato principalmente spazio ai riff granitici, piuttosto che alle atmosfere minacciose e ai viaggi psichedelici molto più presenti in passato. Chi apprezzava di loro il lato più sperimentale a questo punto dovrebbe essersi già rassegnato, ora gli Ufomammut fanno altro.