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01 / 10 / 2011
Diciamo subito che apprezziamo molto i The Secret in redazione; il sottoscritto in particolare, pur considerando il loro miglior album quel capolavoro di originalità ed esuberanza che era il debut album Luce, ha molto consumato anche l’ultimo Solve et Coagula, e non esiterebbe a piazzarlo in una Top Ten delle uscite del 2010. Tuttavia, è innegabile che il combo triestino abbia qualche problema dal vivo. Non è la prima volta che li vediamo, quindi non possiamo parlare di una “serata negativa”: semplicemente, non ci piace il modo in cui ripropongono i brani dal vivo, diciamola così. Conosciamo bene i brani dell’ultimo album, ed essendo abituati a sonorità di questo tipo (d’altronde, l’hardcore “oscuro” con influenze “post” o sludge è ormai di moda) si può anche comprendere la tendenza alla cacofonia nei live show. E comprendiamo anche che sia difficile riprodurre l’impatto dirompente che hanno i pezzi su disco, complice l’eccellente produzione di Kurt Ballou. Ma nel corso della mezz’ora a disposizione dei The Secret, e per la precisione nella parte centrale in cui ci siamo anche un po’ annoiati, ci siamo chiesti: ma se uno li vedesse senza conoscerli, cosa capirebbe dei loro pezzi? Il suono è risultato a tratti davvero impastato. Più di tutti, dal vivo perde in efficacia il cantante, che molte volte dà l’impressione di “non farcela”, con una voce in calando ad ogni canzone. Per farla breve, non possiamo dire che i The Secret abbiano fatto un pessimo concerto (il pubblico ha comunque in buona parte apprezzato), o che non ci siano piaciuti per niente; semplicemente, come dicevamo all’inizio, non ci convince proprio per niente l’approccio che adottano dal vivo. E l’impressione è che, per vederli diversamente, dovremmo aspettare un nuovo cambio di stile. Cosa che non ci stupirebbe, dopo che i triestini hanno inaugurato il filone italiano della moda “black-hardcore”…
SUNN O)))
Un concerto dei Sunn O))) è un’esperienza mistica, è uno spettacolo che sembra essere collegato solo lontanamente alla musica, è qualcosa di quasi sovrannaturale. E se anche ci si sente preparati, armati di tappi e spirito d’acciaio, quando dopo un quarto d’ora di monologo pre-registrato (?) salgono sul palco Anderson e O’Malley, si rimane comunque spiazzati. Nelle loro lunghe tuniche, incappucciati, i due oscuri musicisti imbracciano le loro chitarre e cominciano a far vibrare il locale. Vibrare in senso letterale. Si ha fin da subito la sensazione che il soffitto debba crollarci sopra la testa, sentiamo dopo poco il pavimento vibrare e, col passare dei minuti, sentiamo tutto il nostro essere… vibrare, non c’è altra parola. I Sunn O))) cominciano a macinare il loro drone metal, e non smetteranno per un’ora e mezza; ma, per quanto possa sembrare assurdo, non sentiamo mai alcun calo di tensione, la stanchezza non si fa sentire se non dopo un’ora (ed è anche l’una, dopotutto), e per quanto il cervello ci abbia più volte detto “adesso esci a prendere una boccata d’aria”, siamo rimasti impalati, ipnotizzati dal vortice musicale creato da questi due geni con la potenza sonica del loro muro di amplificatori, e la forza evocativa che risiede in quei loro lenti, lunghi movimenti creatori di musica estranea a questa dimensione. Siamo completamente, fisicamente circondati dal muro sonoro dei due stregoni, quando entra in scena la sorpresa annunciata: Attila Csihar, anche lui in “abito Sunn”. Solo che per venti minuti buoni non fa nulla, sta al centro del palco a contorcersi, finché le sue urla esplodono nel locale; e sono urla cupe, quasi un rantolo continuo, che si uniforma alla musica che lo circonda, per poi culminare in un momento quasi “solista”, con il suono delle chitarre in lontano sottofondo, e il tenebroso Attila a prendersi tutta la scena con la sua voce primordiale. Da brividi. Poi, il gran finale: un ultimo crescendo culminante in un climax sonico davvero insopportabile per l’udito (ogni tanto durante il concerto abbiamo provato a toglierci i tappi per un po’, soprattutto nel momento di sola voce di cui sopra), che penetra nel profondo dell’essere di ognuno dei (tantissimi!) presenti. Perché, l’abbiamo detto all’inizio, è stata un’esperienza mistica, e alla fine, non sappiamo proprio spiegarvi come, uniti come in una sorta di rito ancestrale, veniva spontaneo pensare “adesso deve finire”. E infatti, dopo un’ora e mezza di “comunione delle anime” attraverso la musica, improvvisamente il muro sonoro crolla tutto attorno a noi, si dissolve nel nulla da cui era stato eretto, e ci sentiamo come svegliati di colpo da un sogno cupo e lunghissimo. E automaticamente, spinta dal corpo e dalla mente, tutta la platea esprime la propria gratitudine, soddisfazione spirituale e ammirazione a questi geni con un lungo, scrosciante applauso. Bisogna vedere un concerto (?) dei Sunn O))) almeno una volta nella vita. Noi, sicuramente, torneremo anche alla prossima.
L’intro in stile “spedizione punitiva” dello staff di GOTR è davvero affascinante man! Lascio quelle che sono le mie memorie di questo viaggio unico, pubblicate su un famoso social network il giorno successivo al live:
“ipnotizzato. rapito. cullato. infastidito.
portare ogni senso a livelli dove il confine tra benessere e malessere è praticamente nullo. due ore che sembrano anni. anima annullata, ridotta ai minimi termini. estraniarsi da tutto ciò che ti circonda, dal mondo intero, per lasciarsi trasportare in un turbinio di emozioni mentre sei seduto ad occhi chiusi. sentire le vibrazioni del suolo, la sensazione che l’edificio crolli. entrare in simbiosi col suono al punto di capire quando tutto sarebbe finito e sarebbe tornata la luce. simply Sunn O)))”