(Noise Head Records, 2013)
1. Sober
2. Cheval
3. Shine Like Gold
4. Stationary
5. Everybody
6. Maybe
7. Telling
8. Grey Owl
9. All My Love
Dopo un EP autoprodotto dal titolo This Then Silence uscito nel 2010 e dopo numerosi cambi di formazione, i Black Sound Empire sfornano Sisma. Amanti dei Deftons e Nine Inch Nails, fatevi sotto! Questo album è un tripudio di effetti e suoni psicotici. Sisma è un prodotto targato Andrew Schneider e John La Macchia, direttamente dai sobborghi di Brooklyn (Translator Audio Studios) e si riassume in nove tracce d’amore e tragedia, uno strano post-hardcore con incursioni electro che vi terranno incollati alle casse. La band si compone di sei elementi, tra cui spiccano tre chitarre fortemente influenzate da Neurosis, Refused e Glassjaw; tutto è contornato da riff articolati ed una base di batteria e basso veramente aggressiva.
Il disco parte bene, “Sober” ha un ritornello veramente gradevole, men tre “Cheval” è un’interminabile racconto di sette minuti vissuti in modo empirico spezzati da un intermezzo di sax crescente, che dona al brano un tocco speciale. “Shine Like Gold” ha suoni paurosi ed evidenzia la notevole voce di Marco Toni; lo stacco centrale sembra essere stato molto studiato e questa canzone risulta la migliore a questo punto. “Stationary” ricorda un po’ i Deftones, forse troppo, ma ancora una volta non si può non notare la qualità dei suoni: se il sestetto romagnolo ha deciso di produrre il disco oltre oceano, ci sarà stato un valido motivo. Ascoltando i primi secondi di “Everybody”, invece, ho avuto la piacevole sensazione di riascoltare un sound che mi riporta a King For A Day dei Faith No More. Una caratteristica dei BSE è sicuramente l’insieme delle liriche, ben studiate e contenenti ritornelli molto evocativi, come nel caso di “Maybe”. Verso fine disco si percepisce però un velo di eccessiva omogeneità, “Telling” e “ Grey Owl” sono canzoni che, complice un ritmo troppo simile, tendono ad essere leggermente caotiche, e il pericolo è che la pazienza dell’ascoltatore si esaurisca prima dei quarantotto minuti complessivi del disco.
Un intro di synth spezza infine l’atmosfera creatasi con i due pezzi precedenti e introduce “All My Love”, brano finale in cui si mette nuovamente in mostra il talentuoso cantante. Bisogna elogiare però anche gli strumentisti, che si trovano perfettamente a proprio agio tra queste acide sonorità post-rock: nonostante tutti i brani abbiano una durata piuttosto estesa, si ascoltano con piacere. Fiora, Lucio e compagni hanno messo sul banco tutta la loro abilità fabbricando un disco veramente appetibile. Fortunatamente in Italia esistono ancora band di questo livello.
7.0