(Sevared Records, 2013)
01. Soulseller
02. In Hell I Roam
03. Hymn Of The Asylum
04. Primitive Killing Machine
05. Deatholation
06. Torturewhore
07. Exoneration Manifesto
08. Dodens Makt
09. March Of The Undying
Ci eravamo lasciati nel 2011 con una recensione decisamente positiva dell’allora appena uscito Brutalitarian Regime, ora, a distanza di due anni, i Blood Red Throne sono tornati con un degno successore, che è anche il secondo disco dopo l’abbandono dello storico chitarrista Tchort.
Fortunatamente i ragazzi norvegesi non hanno certo perso tempo dopo l’ennesimo successo incassato, anzi, si sono lanciati in una serie piuttosto fitta di live in tutt’Europa e Nord America, dedicandosi nel frattempo alla scrittura dei nuovi brani. Il nuovo nato in casa Blood Red Throne porta lo stesso titolo della band, quasi a voler ribadire la dichiarazione d’intenti che il combo di Kristiansand rilasciò in un’intervista qualche anno fa, ovvero di farsi portavoce del death metal puro ed incontaminato, senza farsi sviare da trend momentanei o facili trovate commerciali. A “Soulseller” è affidato il compito di accendere la miccia: si tratta di un canzone dal mood classico che viaggia su ritmiche incalzanti, mai troppo esasperate, condita con una buona dose di groove e arricchita da alcuni riff catchy facilmente memorizzabili. Si passa a “In Hell I Roam”, brano che affonda le proprie radici nell’old-school death floridiano e che risulta massiccio e poderoso, ricordando a tratti i Malevolent Creation; proseguono questo discorso “Primitive Killing Machine” e “Torturewhore”, pezzi che vanno diretti al cuore dell’ascoltatore grazie a un rifferama granitico ma anche dinamico, parti marziali à la Bolt Thrower e persino qualche apertura epico-melodica. Si arriva poi a “Exoneration Manifesto”, il brano più completo e meglio riuscito del platter che riporta alla mente i tempi di Affiliated with the Suffering, con bordate di chitarra notevoli e un solo di basso ficcante e dannatamente ben riuscito. In chiusura troviamo “March Of The Undying”, brano dal lungo minutaggio, dal comparto tecnico piuttosto elaborato, bastato su riff terremotanti di matrice death/thrash che sfumano verso sonorità maligne ed opprimenti in stile Morbid Angel dei tempi andati. Se tutto ciò non bastasse per farvi capire la validità di questo disco, tenete conto dell’ottima prova vocale di Yngve “Bolt” Christiansen, dotato di un growl profondo, caldo e carismatico, che difficilmente vi farà rimpiangere l’egualmente capace Vlad.
Ed eccoci giunti al momento delle conclusioni: ancora una volta i Blood Red Throne hanno saputo mantenere fede alla promesse e a rimanere ben saldi a quel tanto amato “U.S. way” death metal. Quest’ultima fatica è la prova lampante che impegno, passione e dedizione possono e riescono a tener testa a qualsiasi avversità.
7.5