1. Let the Stillborn Come to Me
2. Total Death Exhumed
3. Anne
4. Church of Vastitas
5. Famine of God’s Word
6. Mental Abortion
7. Beyond Cremation
8. His Infernal Necropsy
9. Unite in Pain
10. My Torturer
11. Grand Morbid Funeral
I Bloodbath fanno parte della ristretta cerchia di extreme metal band che sono riuscite a ritagliarsi un ruolo di spicco a livello mondiale, diventando punto di riferimento per molte giovani leve della scena death metal. Formatisi nel 1998 a Stoccolma, i nostri hanno dimostrato sin dai primi vagiti (o dovremmo dire growl?) di voler portare fieramente avanti il verbo dello swedish-death metal. Il primo full-length Resurrection Through Carnage, seppure ancora acerbo sotto certi punti di vista, aveva riscosso un buon successo e si era dimostrato valido e coinvolgente; il successivo Nightmares Made Flesh li aveva poi consacrati ufficialmente come paladini del metallo mortifero, mostrando le qualità di un vero e proprio masterpiece, qualità poi confermata con la terza pubblicazione The Fathomless Mastery.
Giunti sul finire del 2014, dopo l’ennesimo cambio di vocalist che vede accasarsi dietro al microfono l’illustre Nick Holmes dei Paradise Lost, i Bloodbath rilasciano l’attesissimo quarto disco da studio, intitolato Grand Morbid Funeral. Dopo sei anni da The Fathomless Mastery erano tante le domande che turbinavano nella mente dei fans, ed in questa sede vedremo di far luce completamente su quest’opera. “Let the Stillborn Come to Me” è il tipico brano che grida old-school da ogni singola nota, dominato da tempi medi con in primo piano chitarre “motosega” che sciorinano, assieme al basso, riff ruvidi ed oscuri tra i quali si possono cogliere svariati riferimenti ai sommi Dismember: dal terzo minuto in poi fanno capolino atmosfere malate che accompagnano il brano verso una chiusura cupa ed ossessionante. La successiva “Total Death Exhumed” apre con un graffiante riff che scatena l’inferno in terra grazie a tempi d’esecuzione piuttosto incalzanti per poi riaccasarsi su classiche ritmiche old-school death cadenzate e di facile assimilazione, spezzate da alcune virate death’n’roll e ficcanti guitar-solos. “Church of Vastitas” si affida ad un inizio spettrale ed evocativo, apripista per una marcia funerea dove le sei corde e la batteria scandiscono una discesa, oscura e macilenta, verso gli inferi, “Mental Abortion” è il tipico brano d’assalto nel quale risaltano tutti gli elementi tipici del trademark Bloodbath tra tupa-tupa martellanti, riff taglienti ed innesti di melodie, mentre in “His Infernal Necropsy” la malvagità di Grand Morbid Funeral diventa palpabile grazie ad una sezione ritmica monolitica e una riuscita alternanza tra mid ed up-tempos che riporta alla mente l’indimenticabile “Cancer Of The Soul”. La chiusura è affidata all’ottima nonché poliedrica title-track, brano dai connotati doom/death con un incedere ritualistico colma di richiami più o meno velati ai primi Paradise Lost che rapirà letteralmente l’attenzione dell’ascoltatore grazie alla sua essenza nera come la pece trasudante dolore e tanfo di morte.
Posso garantirvi che Grand Morbid Funeral scalerà le classifiche e si ritaglierà facilmente un posto d’onore tra le migliori pubblicazioni death metal del 2014: i Bloodbath sono una band matura, conscia delle proprie possibilità, e pur avendo dato alla luce quello che potrebbe definirsi il loro album più “atipico” sono comunque riusciti a creare una piccola perla di malvagità, rozzezza e forza d’impatto, un disco impreziosito da una produzione volutamente abrasiva in grado di riportarci indietro nel tempo, al periodo d’oro del death metal tra gli anni 80 e 90.
8.0