(Century Media Records, 2013)
1. Septic Premonitions
2. Womb of Horrors
3. Ghastly
4. The Flesh Mechanic
5. Rendered into Lard
6. Omen of Disease
7. The Docking Dead
8. Give Me the Bottom Half
9. Predacious Poltergeist
10. Blood Gullet
11. Carnage Genesis
12. Choked Out and Castrated
13. Incinerated
I Broken Hope non sono certo una band che necessita di presentazioni. Formatisi nel 1988 a Chicago, sono ben presto diventati un caposaldo dell’underground death metal statunitense, assurgendo poi al rango di leggende negli anni successivi, ricavandosi una posizione di spicco nella storia dell’extreme metal, anche se nell’ultimo periodo avevano sperimentato un calo qualitativo e d’ispirazione che li aveva poi portati allo scioglimento.
Giunti al 2013 i ragazzi dell’ Illinois si sono riuniti e rimessi in attività, animati da buone intenzioni e seriamente intenzionati a reclamare il proprio posto nell’olimpo del death metal. Questo Omen of Disease, vede la luce in un anno ricchissimo di concorrenza, soprattutto per quanto riguarda la scena in questione: per questo motivo i riflettori sono stati immediatamente puntati sulla nuova creatura in un turbinio di domande, quali “sarà all’altezza dei primi album?” oppure “riuscirà a lasciare un segno in quest’annata?” La risposta è parzialmente affermativa. Se da un lato possiamo sicuramente goderci questo gustoso comeback, che trasuda old-school U.S. death metal da tutti i pori e mette in mostra una violenza sonora degna di nota, d’altra parte si denota una certa ripetitività e una volontà quasi compulsiva di voler rubare qua e la spunti alle band estreme più in voga in quest’ultimo periodo a scapito delle proprie idee. Addentrandoci nei meandri di quest’opera verremo catapultati in un panorama alieno e desolato dove mostri usciti dagli incubi più terribili si aggirano indisturbati seminando morte e distruzione; dopo “Septic Premonitions”, un’intro dal mood cyber-industriale che rimanda alla mente scenari sci-fi e post-apocalittici alla Doom o Quake, esplode la violenza sonora con “Womb of Horrors”, pezzo dalle ritmiche piuttosto sostenute, che assale frontalmente con riff poderosi e doppia cassa martellante, sfoderando al momento giusto rallentamenti groovy e alcuni guitar-solos dal sapore catchy. Si prosegue con l’accoppiata formata da “Ghastly” e “The Flesh Mechanic”, che sfrutta la rodatissima formula dell’alternarsi tra riff quadrati ed esuberanti con alcuni mid-tempos più cadenzati, il tutto rifinito da un drumming abbastanza dinamico e sempre bello spedito. Il resto dei brani viaggia più o meno sulle stesse coordinate, propendendo a volte verso la vecchia scuola più ruvida, come nel caso della title-track e di “Predacious Poltergeist”, altre volte verso lidi più brutali come in “Carnage Genesis” o la closing-track “Incinerated”. Omen of Disease è un disco piacevole, in cui le chitarre fanno la parte del leone e l’attaccamento alla scuola floridiana risalta prorompente dal primo minuto sino alla fine dell’ultima traccia; il tutto viene completato da un growl potente e cavernoso caratterizzato da una timbrica solitamente rintracciabile in ambito brutal-death metal. Quello che lascia un po’ spiazzati è l’assenza di personalità che affligge una buona metà dell’opera, mancanza di per sé non molto grave ma comunque inaspettata per una band come i Broken Hope, che vanta un solido curriculum alle spalle.
Sicuramente ci troviamo di fronte ad un platter solido e genuino che si guadagnerà i favori dei fans più scafati della scena e probabilmente riuscirà ad acchiappare qualche nuovo seguace da qual bacino d’utenza solitamente dedicato al brutal-death più marcio o al brutal-deathcore ultra groovy; un pizzico di disappunto rimane in ogni caso, viste però le buone intenzioni ci auguriamo di mettere la mani su materiale più convincente in un futuro prossimo.
7.0