(E1 Entertainment, 2013)
01. The Machine
02. No Mercy
03. All That’s Left Is Blood
04. I Despise
05. Plastic Wonderland
06. The Transmigration
07. Crown Of Phantoms
08. Spineless
09. Kings Of The Shadow World
10. Wrapped In Violence
11. Love Soaked Death
I Chimaira sono una band difficile da inquadrare (leggendo vecchie recensioni o interviste li si può trovare etichettati in vari modi), fatto sta che risulta davvero arduo poter racchiudere il loro stile all’interno di un unico filone, considerando che hanno compiuto svariate evoluzioni stilistiche di album in album.
Giunti a questo Crown Of Phantoms, possiamo dire che l’era delle influenze metalcore è quasi completamente archiviata, in favore di una totale dedizione al groove metal con accenni a realtà estreme-sperimentali come i Gojira o al post-thrash. Con ben sette full-length all’attivo il combo di Cleveland può vantare una certa dimestichezza con la scena metal moderna e un’esperienza piuttosto vasta in ambito live-shows; d’altro canto, gli svariati cambi di line-up hanno in più occasioni minato la coesione della band, ma fortunatamente con questo disco hanno dimostrato di non aver smarrito la via maestra. “The Machine”, “All That’s Left Is Blood” e “Plastic Wonderland” sono brani robusti e compatti, nei quali le chitarre rivestono il ruolo principale, generando un poderoso wall of sound, che funge da base per l’innesto della voce e degli altri strumenti; buoni anche certi riffs acustici piuttosto ruffiani e quei refrain di facile memorizzazione che sanno di hit Mtv-style, ma che innegabilmente riescono a conquistare larghe fette di pubblico. I Chimaira non sono solo questo, e dimostrano di essere a loro agio anche con i brani più diretti, come “No Mercy” e “Spineless”, dove l’attitudine più violenta e thrash-oriented della band fa capolino fra le tipiche ritmiche groove metal. Con “I Despise” si sperimentano lidi più complessi, attraverso tempi dispari e ritmiche care al vecchio nu-metal degli esordi, mentre, per finire, è giusto spendere due parole per la title track e per il brano di chiusura “Love Soaked Death”, la prima caratterizzata da un mood oscuro, un riffing dinamico e un breakdown spezzacollo piazzato con maestria dopo i primi minuti d’esecuzioni, la seconda dotata di un incedere marziale ed un aura industrial/nu-metal, con un uso dei synth che ricorda nuovamente gli esordi dei Nostri anche se poi, raggiunta la parte centrale, si vira nuovamente al groove sul quale aleggia lo spettro dei Pantera.
Niente di nuovo, a voler essere onesti. Crown Of Panthom sì può paragonare ad un viaggio introspettivo all’interno della band, la quale esamina sé stessa e pesca il meglio da ogni periodo vissuto andando a condensare il tutto in un platter unico e ben rifinito; comunque sia i Chimaira hanno saputo dare alla luce un lavoro più che sufficiente, che sicuramente strapperà qualche serio apprezzamento dalla frangia più accanita di fans, mentre per tutti gli altri si configurerà come un lavoretto ben fatto, ma nulla di più.
6.5