(Relapse Records, 2012)
1. Invert the Idols
2. Subjected to a Beating
3. Second Skin
4. From Womb to Waste
5. Dissidence
6. In the Trenches
7. Devout Atrocity
8. Revisionist Past
9. The Blood of Power
Chi scrive aspettava con ansia l’uscita di questo disco ed era completamente pieno di fiducia e grandi aspettative. I Dying Fetus, attivi dal 1991, sono stati e continuano ad essere una delle principali realtà della scena death metal statunitense. Il loro sound grezzo, violento e arricchito da elementi grindcore/hardcore ha fatto scuola, ispirando tantissime band nate successivamente.
E’ dunque con grande impazienza e curiosità che ci avviciniamo al tasto play. L’inizio della prima traccia lascia un attimo spiazzati e demolisce in parte le altissime aspettative create in precedenza: “Invert the Idols” inizia con un riffing tecnicissimo e decisamente troppo “edulcorato” che suona finto e superfluo. Fortunatamente questa fase di “shock” iniziale viene velocemente superata, quando la canzone ingrana la marcia e iniziano a piovere i soliti riff quadrati e monolitici tipici della band di Annapolis accompagnati da un drumming incalzante e variegato e dall’ottima prova vocale di John Gallagher, a mio avviso uno dei migliori singer estremi della scena mondiale, dotato di una timbrica decisamente personale e un growl basso e coinvolgente. I brani successivi si mantengono sulle coordinate tipiche della band, ovvero bordate di violenza pure e diretta, in forma di canzoni piuttosto brevi ma intense, con stop’n’go assassini e riffing tritaossa; un esempio concreto lo abbiamo con la seconda traccia “Subjected to a Beating” uno dei brani più groovy e meglio riusciti dell’intero platter. Ottima anche la pesantissima “Second Skin”, caratterizzata da blast-beats incalzanti e rallentamenti killer trasudanti pura aggressività, mentre nella traccia “Revisionist Past” fanno nuovamente capolino soluzioni tecnico-melodiche poco consone al mood del disco ma fortunatamente si tratta solo di episodi isolati. I Dying Fetus hanno da sempre unito una buona prestazione tecnica ad una ferocia sonora assolutamente devastante che si tramuta in un vortice di puro delirio e mosh non-stop, una volta trasportata in sede live: ed è proprio dal vivo che la band riesce ad esprimere al massimo le proprie potenzialità, data l’attitudine dimostrata sul palco, l’impatto scaturito dai loro brani e la genuina simpatia con cui i tre componenti si relazionano sempre con il pubblico.
Nella sua globalità Reign Supreme è un disco ben fatto, confezionato e rifinito come si deve. Le nove tracce che lo compongono si ascoltano volentieri e risultano di facile assimilazione, garantendo alti livelli adrenalinici e un roboante divertimento dall’inizio alla fine. Rispetto al suo predecessore Descent Into Depravity si denota una sorta di passo indietro o, per meglio dire, un cambiamento di intenti che finora era sempre stato alieno ai Dying Fetus, perciò i fans più legati alle prime pubblicazioni potrebbero trovarsi un po’ spiazzati e non gradire questi cambi stilistici introdotti in certi brani. Fino ad ora i D.F. non avevo mai toppato una pubblicazione, mentre questa volta hanno fatto un mezzo passo falso, che potrebbe impensierire tutti coloro che li hanno da sempre supportati e seguiti appassionatamente.
Per tirare le somme, posso tranquillamente confermare la bontà della pubblicazione e rassicurare tutti coloro che si aspettavano una buona dose di “mazzate”, non rimarrete certo a bocca asciutta. Peccato per quelle trovate poco azzeccate citate nella recensione, senza di esse il disco sarebbe risultato sicuramente migliore. Comunque sia il voto non può che essere positivo, e rimaniamo tutti colmi di speranza per le pubblicazioni future.
7.0