(Translation Loss, 2014)
1. Damaged Awake
2. Coffin Wisdom
3. Dark Matter
4. You Deserve This
5. Haunted
6. Stolen Voices
7. Crawling on the Ceiling
I Generations of Vipers sono tre ragazzi provenienti dal Tennessee, sulla scena da una decina di anni. Nel loro curriculum alcuni componenti del gruppo possono vantare collaborazioni con U.S. Christmas, A Storm of Light e Mustard Gas and Roses. Chi ha avuto la fortuna di vederli live sa che potenza possono emettere dai loro amplificatori. Coffin Wisdom, quarto lavoro del trio, risulta fin dai primi ascolti il più maturo e personale della loro discografia. La materia trattata potrebbe essere ricondotta ai Neurosis più diretti con potenti riff di basso fortemente debitori della scuola Amphetamine Reptile.
I brani proposti sono un flusso magmatico che devastano l’ascoltatore: “Damaged Awake” non concede tregua e con ritmi serrati alla Unsane incide le nostre carni. Il perfetto ponte tra la furia e la calma si manifesta in “Dark Matter” dove i momenti saturi e i vuoti sono ottimamente bilanciati.
Continuando l’ascolto il suono diventa più sacrale con “You Deserve This”, che potrebbe essere più vicino al folk lunare caro a Scott Kelly piuttosto che al suo gruppo principale. Le campane a morto sul finale della precedente traccia introducono “Haunted” che, come una lenta marcia funebre, mostra il lato più marziale del combo. Il pezzo forte viene lasciato per ultimo. “Crawling on the Ceiling” nei suoi oltre sette minuti mostra il talento del batterista B.J. Graves, vera e proprio asso nella manica della band, che con ritmiche tribali molto azzeccati e riusciti pattern crea una delle progressioni più interessanti sentite ultimamente. La voce di Josh Holt pare più in evidenza rispetto ai lavori passati, dimostrandosi sempre roca e potente. Nell’insieme parliamo di un disco che mantiene omogeneità nei brani pure differenziando la proposta grazie ad un ottimo songwriting.
La registrazione affidata al bassista della band Travis Kammeyer (per chi ama il post metal strumentale consiglio il suo gruppo precedente, Ocoai) è ottima e tutto suona naturale e potente. Come prevedibile, il lavoro in fase di missaggio di Andrew Schneider rende il suono di ogni strumento distinguibile (con particolare cura per le linee di basso). In definitiva, le aspettative sono state ampiamente soddisfatte.
7.5