(Kapitaen Platte, 2015)
1. Deep white
2. Sediment
3. Riverbed
4. Mud mound
5. Dirt devils
6. Crooning
Gli Halma vengono da Amburgo e propongono un kraut rock fatto di ritmi jazzati che flirtano con suggestioni cinematiche. Arrivati al sesto album e da oltre quindici anni sulla piazza, i tedeschi estremizzano ulteriormente il loro suono giocando su ossessioni ritmiche e riverberi chitarristici lontani.
Granular è un disco che fin dalla copertina richiama le profondità cosmiche: un viaggio nello spazio come metafora di quello interiore, fatto di brani eseguiti in punta di piedi che non vogliono disturbare la quiete che viene a crearsi durante l’ascolto. Sinuose linee di basso ci guidano nell’iniziale “Deep white”, nella quale mano a mano i componenti del gruppo si aggiungono stratificando il suono, la chitarra baritona di Andreas da un parte e il muro di feedback psichedelici di Thorsen dall’altra. La formula viene protratta per tutto il lavoro con un continuum sonoro estremamente efficace che vede il suo apice nel brano “Mud mound”. La vera abilità di questi musicisti è approfondire con minimi cambiamenti la loro proposta rendendo l’ascolto un trip sensoriale. Figli di un modo di sentire il rock tipico dei connazionali Neu! e Can, gli Halma del tutto indifferenti a mode o tendenze sfornano un lavoro intenso che raccoglie il meglio da perle di un passato oramai considerato preistoria. Immaginate se un brano come “Hallogallo” (parliamo del 1972!) fosse suonato dai Tortoise mantenendo una forte sensibilità teutonica.
Mi immagino i quattro Halma sul meteorite della copertina che viaggiano nello spazio dopo che il mondo che conosciamo è stato devastato dalla nostra follia. In questo scenario loro, incuranti dell’accaduto, continuano a suonare.
7.5