(Prosthetic Records, 2014)
1. Through the Triumphal Arch
2. Reforging the Crowns
3. Desecrated Souls
4. Resurgence of the Empire
5. Spears of Sacred Doom
6. Sealed into Ecstasy
7. Redeemer of Atrocity
8. Regicide
9. The Sun Worship
10. The Seas of Light
11. Theogony
Avevamo lasciato gli Hour Of Penance due anni fa con il riuscitissimo Sedition, un disco che aveva riscosso successo ed una serie di critiche positive. Per questo motivo tutti i riflettori erano puntati sul combo romano e la domanda che assillava tutti era: “riusciranno a migliorare ulteriormente? Manterranno i propri standard oppure non riusciranno a dimostrarsi all’altezza delle aspettative?” Bene, potete stare tranquilli, i Nostri non si sono affatto adagiati sugli allori e dopo mesi di duro lavoro hanno partorito un nuovo piccolo capolavoro.
Regicide si dimostra essere un lavoro maturo e completo a 360°, curato in ogni minimo dettaglio, a partire dall’artwork per finire con l’impeccabile produzione ad opera dei soliti 16th Cellar Studios. “Through the Triumphal Arch” è un’intro strumentale dalle tinte epiche e magniloquenti che servirà a calare l’ascoltatore all’interno della maestosa ed esuberante atmosfera che permea l’intero platter, segue immediatamente
“Reforging the Crowns”, primo masterpiece di Regicide, il cui inizio ed il riffing portante ricordano “Decade Of Therion” dei sommi Behemoth, il tutto benedetto da un sound potente e cristallino che non inficia minimamente il sapore tipicamente old school del brano. Arrivati a “Desecrated Souls” i ritmi si fanno più serrati e i nostri mostrano i muscoli dando risalto all’ottimo comparto tecnico, ben amalgamato con la furia distruttiva profusa dal combo capitolino tra pattern di batteria martellanti, un break centrale distruttivo ed un refrain Nile-oriented che difficilmente riuscirete a togliervi dalla testa. In “Sealed into Ecstasy” tornano le atmosfere dell’intro e dopo essere stati accolti da cori gregoriani verremo investiti dal poderoso wall of sound costruito da riff rocciosi e mid-tempos epici. La title-track è uno degli episodi dal tasso tecnico più elevato, grazie a tempi dispari uniti a ritmiche cupe e cadenzate che ci riportano alla memoria il glorioso passato dei Decapitated. Chiudono “The Seas of Light” e “Theogony”, tracce killer che vanno dritte al punto, senza fronzoli, annichilendo l’ascoltatore grazie alla propria potenza distruttiva e a monolitici inserti old-school death, il tutto in una rivisitazione più ispirata di quanto hanno proposto in passato Nergal e soci. Non c’è che dire, il sottile filo conduttore che lega a livello di tematiche e di songwriting ogni canzone si dipana senza intoppi durante tutti i quarantadue minuti di durata, riuscendo a rapire e mantenere sempre elevata la concentrazione del pubblico, siano essi ascoltatori casuali o scafati deathsters.
E’ vero, durante l’ascolto di Regicide capiterà più volte di paragonare gli Hour Of Penance ai Behemoth, in un certo senso questo confronto è inevitabile, ma i nostri non si perdono certo dietro a goffi scimmiottamenti, bensì portano avanti in maniera coesa ed esauriente il proprio stile giunto all’apice con The Vile Conception e poi via via rifinito e maturato di album in album, in un percorso che li ha sempre portati a risultati soddisfacenti e a produrre musica efficace sia su disco che in sede live.
7.5