1. Beginning Of The End
2. To The Wolves
3. Bright Enough
4. Meilor
05. Thirty One & Sevens
06. Calvert Street feat. Bjorn“Speed” Strid (Soilwork)
07. Kærjrlighet
08. The Beaten Path
09. Nightmares
10. No One Will Save Us feat. Jonathan Vigil (The Ghost Inside)
11. Brevity
I Killed The Prom Queen tornano dopo un’attesa di quasi sei anni dal loro precedente Sleepless Nights And City Lights. Il quintetto australianoha sempre avuto un trascorso di alti e bassi nella propria carriera musicale, forse anche a causa dei diversi cambi di line-up; alcuni membri hanno preferito aggregarsi ad altre band come Jona Weinhofen, che nel 2007 decise di proseguire il suo cammino assieme ai Bleeding Through ed i Bring Me The Horizon. Nel 2011 la band si riforma e Jona partecipa attivamente alla stesura di un nuovo album insieme al nuovo screamer Jamie Hope (ex-Red Shore), Shane O’Brien alla batteria (ex Deez Nuts), Kevin Cameron alla chitarra e Ben Coyte al basso, riportando in vita la band, il loro suono, il loro stile e la loro storia.
Beloved viene registrato al Fredman Studio direttamente da Fredrik Nordström (produttore appunto di BMTH, At The Gates, In Flames, Dimmu Borgir, Architects) ed il risultato è un connubio tra black metal scandinavo alternato a canzoni scartate, forse, dalla vecchia band di Weinhofen. Oserei definire questo album come il più piatto della storia del metalcore: nessuna emozione, nessuna innovazione, nessuna astuzia, solo ed esclusivamente l’ennesimo album metalcore, identico ad altri cento nello stesso genere.
A dir la verità “To The Wolves” inizialmente stupisce, ma poi si percepisce che dalla prima all’ultima traccia sarà sempre la stessa lagna: blast beat, breakdown, ritornello melodico (quasi pop-punk) e chiusura. L’unico valore aggiunto è inaspettatamente Jamie Hope, già cantante e bassista dei Red Shore: la sua voce, molto simile a quella di Alexi Laiho dei Children Of Bodom, è un susseguirsi di growl, scream e grunt ed è l’unico elemento di variazione in un disco fin troppo omogeneo. Neppure le due collaborazioni all’interno di Beloved, ossia “Calvert Street”, cantata insieme a BjornStrid dei Soilwork, e “No One Will Save Us”, supportata da Jonathan Vigil dei The Ghost Inside, riescono a dare quel tocco di qualità al prodotto.
Ogni traccia sembra una brutta copia della precedente ed il risultato è il classico esempio di gruppo che, formatosi verso i dodici anni e scalata la vetta del successo a quattordici, in breve tempo, privo di idee, decade come l’uranio impoverito.
5.0