The Last Dawn
(Pelagic records, 2014 )
1. The Land Between Tides / Glory
2. Kanata
3. Cyclone
4. Elysian Castles
5. Where We Begin
6. The Last Dawn
Rays of Darkness
(Pelagic records, 2014 )
1. Recoil, Ignite
2. Surrender
3. The Hand That Holds The Truth
4. The Last Rays
Sulla scena da oramai quindici anni, i Mono hanno portato il concetto di post rock in una dimensione “altra”. Partendo dalle medesime traiettorie degli scozzesi Mogwai, il combo di Tokyo con il passare degli anni (e degli album) ha sempre più dato un taglio sinfonico alla musica prodotta. Dopo due anni da For My Parents i giapponesi hanno deciso di fare uscire simultaneamente ben due dischi. Una decisione che, se in un primo momento potrebbe spiazzare, di fatto rende chiaro il loro intento fin da subito. L’impressione, ascoltando The Last Dawn e Rays of Darkness, è che i Mono abbiamo portato i due lati della propria anima alla loro essenza più estrema.
La purezza cristallina delle sei corde accompagnate dalla maestosità del violoncello sfociano in un crescendo che si ferma prima di esplodere: questo è quello che ci aspetta in “Land Between Tides Glory”. Arrangiamenti orchestrali basati su pianoforte e chitarra portano in lande gelide dove il sole non basta a far sciogliere il ghiaccio. Sono sensazioni che emergono con violenza ascoltando The Last Dawn, un disco più vicino alla musica classica piuttosto che al post rock, per quanto ci siano momenti riconducibili a questo genere, come in “Where We Begin” e nella titletrack, brani in cui la formula del climax è ben definita senza però cadere mai nel banale.
Il senso di meraviglia viene bruscamente sostituito da una cupa drammaticità mentre ci accingiamo ad ascoltare la prima traccia del secondo album, Rays of Darkness. “Recoil Ignite” raccoglie tutto il sentire più elettrico e saturo del combo, manifestandosi in una cavalcata che sfocia in un maestoso wall of sound. L’interessante utilizzo di strumenti a fiato in “Surrender” rende estremamente solenne la traccia, che con un incedere lento ci traghetta verso il momento più intenso del lavoro. Per anni ci si è chiesti quale potrebbe essere la voce dei più adatta al suono dei Mono, ed ora lo sappiamo. Lo scream di Tetsu degli Envy ci deflagra l’anima e rende “The Hands That Holds The Truth” il culmine del disco, che si chiude con il rumore nero dei droni presenti in “The Last Rays”.
Questa complessa complementarità ci porta ad un unico voto e ad un’unica recensione. Si potrebbe dire che la proposta dei giapponesi non sia cambiata negli anni e che ogni disco aggiunge poco a ciò che precedentemente era stato detto. Un ascolto attento ci dice esattamente il contrario, i brani colpiscono per le sfumature, i dettagli che man mano emergono durante l’ascolto. La verità è che i Mono suonano solo come i Mono. Immensi.
8.5