(Season of Mist, 2015)
1. Reign of Hell
2. I Conquistador
3. Der Hexenhammer
4. Doom of the Tawusê Melek
5. Hangmen Also Die
6. GeneSYS
7. Die Waffe Mensch RMX
8. Den Ensomme Nordens Dronning
Violenza sonora non stop unita ad una dose letale di tamarraggine. Quando si cerca di dare una definizione ai The Monolith Deathcult in meno di una riga, il risultato è più o meno questo. Oggi ci apprestiamo ad analizzare e sminuzzare l’ultima opera del combo olandese: trattasi di un EP (che tanto EP non è, come vedremo in seguito). Dopo tutti gli ottimi lavori sfornati dal gruppo, ultimo dei quali il buon Tetragrammaton, era lecito riporre una discreta fiducia in questa nuova pubblicazione, fiducia che, purtroppo, è stata parzialmente tradita.
Il disco si apre con la proverbiale manata in faccia. “Reign of Hell” non lascia nemmeno il tempo all’ascoltatore di prendere fiato. Distorsioni disumane, blastbeats asfissianti, assoli al fulmicotone e un cantato decisamente vicino al growl di stampo brutal (quindi di difficile intellegibilità). Nonostante le prime impressioni discrete, dopo una manciata di minuti diventa ovvio come il gruppo olandese si sia affossato in un’autocelebrazione eccessiva e ridondante. Certe sezioni sinfoniche sono al limite del cliché e spesso anche gli inserti di musica elettronica diventano fuori luogo, dando vita ad interruzioni spesso non necessarie.
Come dicevamo in apertura, Bloodcults è un EP atipico. Il primo elemento peculiare è la durata, che si assesta attorno ai quaranta minuti, quindi ben più vicino ad un full length che ad un EP vero e proprio. In secondo luogo vi sono ben sei canzoni nuove e scintillanti, altro fattore che fa storcere il naso, e che fa pensare ad un full length “castrato” e pubblicato prima del tempo per motivi meramente economici. Bloodcults non ha assolutamente nulla di innovativo rispetto ai predecessori: parliamo sempre di un brutal death metal con forti inserti di elettronica e parti sinfoniche (in questa release presenti in maniera eccessiva). La produzione è moderna e abbastanza bilanciata, nonostante gli elementi sinfonici e la voce abbiano un volume veramente sbilanciato rispetto al resto. Qualcuno potrebbe definirla “plasticosa”, e non a torto. Limitiamoci però ad affermare che è perfettamente in linea con le grandi produzioni brutal death recenti, e che è diventato ormai evidente questo appiattimento delle dinamiche a favore di un volume disumano. Il guitar working è come al solito di buona fattura, con una cura particolare per gli assoli, in questa sede decisamente apprezzabili. La batteria è in linea col genere, il basso non pervenuto. Da notare il divertentissimo remix di “Die Waffe Mensch”, che insieme a “Der Hexenhammer” salva il disco da una bocciatura completa.
In conclusione, siamo di fronte ad un fallimento su quasi tutta la linea. Questo EP dal minutaggio sospetto puzza terribilmente di fregatura, e ciò che fa più male è la certezza che con un po’ di cura in più le cose sarebbero state assolutamente diverse. Ora come ora, il disco si salva appena dal baratro nero della bocciatura. Se avete bisogno di un ascolto per spegnere il cervello (tenendo conto che rimane comunque un disco pesante e non immediatamente digeribile), allora Bloodcults fa per voi. Altrimenti, potete benissimo farne a meno in attesa di un nuovo full length.
6.0