1. L’Eclisse
2. Clouded Allure
3. Pulsar
4. Dite
5. Simulacra
6. Il Diluvio
7. Those Who Leave
Dopo il devastante esordio di un anno e mezzo fa molti attendevano i Nero di Marte al varco della seconda e importante prova. Buona parte dei gruppi che ricevono consensi dalla critica e dal pubblico tendono, per paura di non deludere le aspettative, a proporre nuovo materiale con minimi cambi nella scrittura dei brani. La cosa non è necessariamente negativa, ovviamente chi suona stoner difficilmente cambierà la proposta.
Nel caso dei Nero di Marte era lecito aspettarsi un cambiamento, una evoluzione. E così è stato.
La sensazione è che i nostri abbiano continuato il discorso iniziato nella traccia “Nero di Marte” del lavoro precedente in termini di esplorazione sonora per tutta la durata del nuovo disco, approfondendo il lato più cerebrale della loro musica. La furia percussiva di Samu è stata incanalata rendendo il drumming più funzionale ai pezzi (dimenticatevi le accelerazioni di “Convergence”), il palm muting accantonato e sostituito da intrecci chitarristici di chiara matrice post rock. Tutto questo senza perdere un minimo di potenza e pesantezza.
A “L’Eclisse”, brano dalla lunga gestazione (i nostri lo propongono live da un paio d’anni), l’onore di aprire l’album. Un incedere marziale e un cantato completamente in italiano sono i suoi tratti distintivi. Come nel lavoro precedente l’attenzione per le melodie e’ sempre alta e in “Pulsar” questo si percepisce chiaramente. Il basso pulsante e linee vocali passionali si contrappongo a chitarre nervose che passano da languidi arpeggi a momenti dissonanti e disturbati. È però nel trittico finale che i nostri lasciano senza fiato: una drammaticità da opera teatrale si respira in “Simulacra”, dove Sean si fa attore principale riuscendo a smuovere con la sua interpretazione sentimenti sopiti. L’utilizzo del blast beat e gli arrangiamenti fanno della traccia un ideale ponte tra l’avanguardia e un certo modo di intendere il black metal.
Poi arriva “Il Diluvio” ed è catarsi. Sono oltre vent’anni che ascolto musica pesante e io una canzone del genere , composta da un gruppo italiano, non l’ho mai sentita. Mai. L’efficacia del testo, di un criptico intimismo, riesce grazie all’italico idioma ad essere incisivo e lapidario. La struttura del brano viene sorretta con maestria da un’apocalisse sonora fatta di ritmiche ossessive ed oscure che sfociano nel climax finale.
Dopo tale pienezza sonora i nostri hanno intelligentemente posizionato in chiusura una vera e propria suite di oltre dieci minuti che mostra il loro lato più ambient e psichedelico: “Those Who Leave” rimanda con i suoi arpeggi reiterati e il basso ipnotico ad un versione oscura dei primi Pink Floyd. Se dovessi pensare a quale direzione prenderà la band in futuro, credo che tutto potrebbe iniziare da qui. Registrato con approccio analogico ( i suoni non sono stati modificati in post produzione con strumenti digitali) dal mai abbastanza celebrato Paso allo Studio73, il lavoro ha sonorità naturali e vive. Possiamo tranquillamente dire che i Nero di Marte sono riusciti nel non facile compito di avere un loro suono distinguibile e personale. Un disco di difficile assimilazione che una volta compreso non vorrete smettere di ascoltare. Lasciatevi trascinare alla deriva.
8.5