(Nuclear Blast, 2012)
1. Enduring the Eternal Molestation of Flame
2. The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased
3. The Inevitable Degradation of Flesh
4. When My Wrath Is Done
5. Slaves of Xul
6. The Gods Who Light Up the Sky at the Gate of Sethu
7. Natural Liberation of Fear Through the Ritual Deception of Death
8. Ethno-Musicological Cannibalisms 01:40
9. Tribunal of the Dead
10. Supreme Humanism of Megalomania
11. The Chaining of the Iniquitous
I Nile fanno parte di quel filone di band che hanno portato una ventata di innovazione all’interno del vasto panorama death metal. Sin dalla fondazione, hanno dato vita e portato avanti il verbo del brutal death metal tecnico, unendo alla furia distruttiva del genere melodie evocative ed epiche legate all’antico Egitto, dando vita ad album maestosi, potenti e carichi di pathos. Questa loro particolarità è stata la chiave del successo che ha permesso ai Nile di sfondare in pochi anni e di divenire ben presto una delle band più blasonate e seguite del genere.
Dopo sei full-length validi e ben confezionati, il nuovo At the Gate of Sethu, settimo platter della loro fiorente discografia, ha mantenuto le promesse e difficilmente deluderà le aspettative dei fans del combo di Greenville. La prima traccia “Enduring the Eternal Molestation of Flame” attacca con un ritmica piuttosto blanda rispetto al solito, poggiando la struttura primaria su un riffing di stampo death / thrash, che si abbraccia a un drumming decisamente più veloce e brutale: il buon George Kollias non perde occasione per mettere in risalto le sue ottime capacità, regalando una prova convincente ed ispirata dall’inizio alla fine. Proseguendo con la tracklist, i tempi e la velocità d’esecuzione aumentano esponenzialmente, raggiungendo le ritmiche classiche a cui i Nile ci hanno abituato in questi anni. I brani si susseguono in maniera scorrevole, catalizzando l’attenzione dell’ascoltatore, grazie a quelle atmosfere maestose ed evocative che i nostri “deathsters –egittologi” sanno maneggiare con grande perizia. Peccato solo per il drastico calo degli interventi vocali da parte di Karl Sanders: la timbrica cavernosa e potente del massiccio chitarrista dava un valore aggiunto da non sottovalutare, donando un effetto di epica tenebrosità, che riportava alla mente gli antichi rituali proibiti legati agli spiriti della morte. Per la felicità di tutti i fans di lunga data, sono state portate a due la classiche tracce strumentali : “Slaves of Xul” e “Ethno-Musicological Cannibalisms “ sono ricche di melodie epico-arabeggianti, create grazie a strumenti antichi che i nostri sanno maneggiare ed implementare magistralmente all’interno dei propri lavori. Verso la fine, invece, ci imbattiamo in “Supreme Humanism of Megalomania” uno dei brani più veloci e “pesanti” di At the Gate of Sethu.
Terminato l’ascolto dell’ultima fatica dei Nile, si può affermare senza troppe esitazioni che il centro del bersaglio è stato colpito, ancora una volta. Benché nella loro carriera siano stati soggetti a qualche calo di ispirazione, i Nile non hanno mai prodotto materiale di bassa qualità e ci hanno sempre abituati a dischi più che discreti. L’ultimo arrivato si colloca qualche gradino sotto i successi più acclamati, ma risulta comunque un buon album, degno di essere acquistato e ascoltato.
7.5