(Nuclear Blast Records, 2015)
1. Call to Destruction
2. Negating the Abominable Coils of Apep
3. Liber Stellae Rubeae
4. In the Name of Amun
5. What Should Not Be Unearthed
6. Evil to Cast Out Evil
7. Age of Famine
8. Ushabti Reanimator
9. Rape of the Black Earth
10. To Walk Forth from Flames Unscathed
Possiamo affermare senza timore di esagerare che i Nile siano tra le poche band appartenenti al filone brutal-death metal ad aver raggiunto una certa fama e notorietà all’interno della scena metal mondiale, ormai secondi solo a Cannibal Corpse e pochi altri grandi nomi. Il combo di Greenville, attivo da ben ventidue anni, pare intenzionato a cavalcare con successo questa onda di grande creatività ed ispirazione che li ha sempre mantenuti un passo avanti a molte altre formazioni concorrenti: eccoli dunque giungere alla pubblicazione dell’ottavo album da studio, a circa tre anni dall’uscita del precedente At the Gate of Sethu. Anche questa volta avremo immancabilmente a che fare con la mitologia e le storie legate all’antico Egitto.
What Should Not Be Unearthed si compone di dieci tracce piuttosto corpose (per una durata complessiva di circa cinquanta minuti), caratterizzate da ritmiche incalzanti e dinamiche originali, impreziosite da quel tocco di classe dato dall’uso di antichi strumenti etnici. Si inizia con “Call to Destruction”: una dichiarazione d’intenti fin dal titotlo. La prima canzone aggredisce frontalmente e scatena la sua furia a suon di batteria terremotante, riff rapidi e quadrati e quei cambi di tempo repentini da sempre cari al quartetto di Greenville; potremmo parlare di una sorta di “Annihilation of the Wicked” 2.0. Si prosegue ad alti livelli di adrenalina sino a “Liber Stellae Rubeae”, più orientata sui tempi medi, con riff monolitici sostenuti da un tappeto di blast-beats (in generale, con il suo drumming variegato il leggendario Kollias fa come sempre sfoggio delle sue capacità). La title track suona al 100% Nile e mette in mostra lo spirito ritrovato della band, che si era un po’ adagiata sugli allori con il precedente At the Gate of Sethu. La completamente strumentale “Ushabti Reanimator” invece ci incanta con melodie arabeggianti ed un incedere bellicoso che ricorda una versione edulcorata di “Die Rache Krieg Lied der Assyriche”. Dopo questa breve pausa ci troviamo a fronteggiare due tracce particolarmente feroci, tra le quali spicca la conclusiva “To Walk Forth from Flames Unscathed”, che apre con un mood epico in stile “Kafir!”, aumentando in velocità e violenza man mano che il minutaggio avanza in un crescendo di brutalità sonora. Il tutto viene ammantato da atmosfere oscure ed arricchito da due accattivanti guitar solos, attraverso i quali Karl Sanders e Dallas Toler-Wade riescono ad esprimere al meglio il proprio talento.
Alla luce di quanto scritto ci sentiamo di poter promuovere What Should Not Be Unearthed senza riserve: si tratta di un disco ben concepito, articolato e curato sin nei minimi dettagli, che sancisce il ritorno in grande stile dei Nile, da sempre maestri indiscussi del technical brutal-death metal.
7.5