(Nuclear Blast, 2012)
1. Carriers of the Plague
2. Forward to Submission
3. Euphorinasia
4. The Throne of Kings
5. Unmasking the Traitors
6. Become the Cult
7. From Scribe to Ashes
8. Deprivation
9. The Sleepers Have Awoken
Gli Psycroptic si sono formati nel 1999 e da allora fino al giorno d’oggi hanno subito alcune mutazioni piuttosto rilevanti nella loro proposta musicale.
Nel 2001 venne pubblicato il loro primo album The Isle of Disenchantment, una chiarissima dichiarazione di intenti su quello che la band voleva proporre al pubblico. Un death metal tecnico e brutale allo stesso tempo, caratterizzato da ritmiche serrate e riffing veloci e incisivi, il tutto unito a un drumming incalzante e variegato, con notevoli cambi di tempo e accelerazioni al fulmicotone. A concludere il quadro c’era il growling cavernoso e gutturale di Matthew Chalk, che dava un piglio violento e 100% U.S-way brutal-death metal al platter. In seguito vennero pubblicati The Scepter of the Ancients,che seguiva a grandi linee quanto proposto nel primo disco mettendo in mostra notevoli miglioramenti sia a livello compositivo che di esecuzione, e Symbols of Failure, il culmine della loro evoluzione e il miglior episodio della discografia. A distanza di due anni arrivò Ob(Servant), disco che segnò il primo grande cambiamento direzionale della band australiana. Quest’ultima creazione, infatti, poneva maggior attenzione sul comparto tecnico, che era stato rifinito con grande cura e messo in risalto da un produzione decisamente più nitida e cristallina rispetto al passato; inoltre durante l’ascolto balzava immediatamente all’orecchio lo stile del nuovo vocalist Jason Peppiatt, dotato di buone capacità ma decisamente diverso da ciò a cui la band ci aveva abituati in passato, dato il largo uso di screaming, alternato a brevi parti in growl, con timbriche più consone a realtà trhash metal o deathcore.
Per chiudere il cerchio, veniamo dunque all’ultimo arrivato in casa Psycroptic, ovvero The Inherited Repression. Con questo disco i “diavoli della Tasmania” sembrano voler dare un taglio piuttosto netto con il passato, dando nuova forma al loro materiale:sin dal primo minuto dell’opener “Carriers of the Plague” viene subito messo in risalto un corposo aspetto melodico, permeato di atmosfere “post-apocalittiche”.
Man mano che la matassa si svolge la precisione d’esecuzione e l’elevato impatto tecnico balzano subito in “pole position”, esaltando il tipico sound alla Psycroptic. Le tracce si susseguono una dopo l’altra in maniera piuttosto fluida, trasportando l’ascoltatore sull’onda della fitta trama chitarristica, che risulta essere la colonna portante dell’intero platter. A differenza dei suoi predecessori, questo disco viaggia su ritmiche più lente, con svariate parti più melodiche ed ariose, arrivando in alcuni punti a perdere completamente la propria forza d’impatto. Questo nuovo aspetto potrebbe permettere alla band di raggranellare qualche fan tra le nuove leve del metallo estremo ma sicuramente deluderà tutti coloro che la seguivano sin dalla fondazione.
Oggettivamente parlando, The Inherited Repression non è un brutto disco e vanta una produzione davvero notevole. Quello, però, che lascia un retrogusto amaro in bocca è la freddezza e l’effetto “plastica” che si denota in questa pubblicazione, a scapito della genuina violenza e brutalità tipica del death metal che permeavano i primi album della formazione australiana.
6.5